Giorno trentesimo. Sua preziosa morte.
Due sono le cose che sogliono turbare in punto di morte; i peccati della vita passata, e il dover comparire davanti al Divin giudice. voi spesso vediamo uomini ridersi della morte e burlare chi con opere buone ci si prepara. Ma costoro medesimi trovandosi in quello estremo di vita, in quel momento che cessa la finzione e si parla delle cose come si conoscono in se stesse; allora il rimorso dei bene trascurato e del male operato si farà più che mai sentire e l’ infelice mortale si vedrà dare nelle agitazioni, nelle smanie, e talvolta nella disperazione. Per costoro la morte è il peggiore di tutti i mali; è per separarli per sempre dal mondo e trasportarti all’eternità infelice pel loro mal vivere meritata. Delle anime buone non è così: più si avvicina il finir della vita, più cresce nei giusti il desiderio di andarsi unire a quel Dio che hanno amato e servito. Se qualche volta Iddio permette che anche le anime buone all’idea di doversi presentar al rigoroso suo tribunale ne rimangano di timore e di spavento ripiene, Egli stesso corre in loro soccorso, le conforta, le riempie di coraggio, di confidenza, di rassegnazione; la morte di costoro è preziosa negli occhi del Signore: pretiosa in conspectu Domini mors sanctorum eius.
Vincenzo niente aveva a temere; tutto aveva a sperare. Egli trovavasi alla fine de’ suoi giorni con una vita condotta nell’ innocenza e nella pratica delle più elevate virtù Era sfinito di forze, ma forze tutte consumate in opere di carità, forze consumate nelle prigioni, negli ospedali, nelle carceri, nel predicare; confessare, catechizzare; poteva egli dire ciò che diceva s. Metro al suo divin maestro: ho fatto quanto mi comandaste, perciò qual premio ora volete darmi? Nell’accorgersi che si andava vicinando l’ora sua, ne parlava con umiltà e con desiderio di andar presto a vedere il suo Dio. Allo volte diceva a’ suoi: fra pochi giorni il cadavero di questo vecchio peccatore sarà posto sotterri, ridotto in polvere, e voi lo calpesterete. Altre volte riflettendo al numero de’ suoi anni esclamava: oh Signore, io vivo troppo lungamente già non mi emendo, e i miei peccati si vanno coll’età moltiplicando.
Tutta la vita di lui fu una continua preparazione alla morte, nulladimeno negli ultimi anni si dispose a questo gran passaggio con maggior fervore. Fece gli esercizi spirituali, pregava, faceva pregare altri per lui. Ogni sua parola, ogni pensiero, ogni azione ad altro non tendeva che all’anima, a Dio, all’eternità. Era maturo pel cielo. Cadde in una malattia. per cui più non pigliava sonno nè di notte, né ili giorno. Il che giudicando foriere di sua morte, per modo di scherzo diceva: il fratello sta aspettando la sorella. Non potendo più celebrare la santa messa continuò a sentirla e fare la comunione tutti i giorni fino alla vigilia ili sua morte, 26 settembre. In tale giorno, dopo di avere soddisfatto a’ soliti esercizi di pietà, si trovò talmente, sfinito di forze, che fu costretto a farsi portare dall’ Oratorio in sua camera, dove fu assalito da un letargo che pronosticava il fine prossimo de’ suoi giorni. Si fece venir il medico, e questi, esaminato lo stato del male, disse non esservi più luogo a rimedio, nè speranza di vita. Si licenziò pertanto da Vincenzo, il quale con bocca ridente gl’ indirizzò alcune parole di ringraziamento, senza però poter finire di pronunziarle.
Uno de’ sacerdoti più anziani della casa gli chiese la benedizione per se e per tutti quelli della congregazione, tanto presenti, quanto assenti. Fece egli tino sforzo per alzare alquanto la testa e proferire le solite parole della benedizione; ma dopo averne proferite distintamente alcune, mancandogli le forze, prosegui il restante sotto voce. La sera gli fu amministrata l’estrema unzione; e passò tutta la notte in una dolce, tranquilla e continua applicazione a Dio. Gli astanti accorgendosi che aveva una particolare divozione a quelle parole del Salmista: Deus, in adiutorium meum intende; Domine, ed adiuvandnm me festina: mio Dio, porgetemi pronto aiuto; Signore, venite presto in mio soccorso: spesso gli replicavano la parte dei primo versetto, ed egli tosto rispondeva: Domine, ad adiuvandum me festina. Un ecclesiastico lo pregò di dare a liti e a tutti gli ecclesiastici della conferenza la sua benedizione, affinchè niuno declinasse dalla via diretta per la quale avevali indirizzati. Vincenzo con sentimento di umiltà rispose: quel Dio che cominciò l’opera buona saprà conservarla. Quinci a poco tutto assorto in celesti pensieri, senza fare alcuno strepito, conservando la solita serenità di volto e tranquillità di spirito a guisa di chi dolcemente piglia sonno, riposò nel Signore. Mori in Parigi nell’anno 85 di sua età il 27 settembre 1660.
Sparsa la notizia della morte di Vincenzo, udissi risuonare da ogni parte: è morto il Santo. Piansero gli orfani, piansero le vedove, e tutti i poveri esclamarono con lagrime: è morto il nostro padre, il nostro rifugio, il nostro sostegno. Sacerdoti, prelati, cavalieri, senatori e principi, e assai più quelli della stia congregazione, furono inconsolabili. Ma i singhiozzi di dolore cangiaronsi nella più tenera consolazione al pensare che perdendo uri sostegno in terra avevano acquistato un protettore in cielo.
Ecco la morte dei giusti; amati da Dio e dagli uomini, desiderati in terra e glorificati in cielo; muore il giusto; e vuol dire che cessa di fatigare in terra per regnare eternamente con Dio e co’ Santi in cielo. Ma bisogna persuaderci che in punto di morte si raccoglie il frutto dei bene operato nel corso della vita: chi avrà ben operato si aspetti una santa morte, principio di una beata eternità; ma guai a chi non vi si prepara: Que seminaverit homo hæc et metet.
Frutto. Siamo in tempo a prepararci per morir bene. Disponiamoci a fare domani una buona confessione ed una santa comunione come se fosse l’ultima di nostra vita: Gesù mio, misericordia. Pio IX concede l’indulgenza di cento giorni a chi dice la suddetto Giaculatoria.