Il cristiano guidato alla virtù ed alla civiltà secondo lo spirito di San Vincenzo De’ Paoli. Giorno decimoquinto

Francisco Javier Fernández ChentoVincenzo de' PaoliLeave a Comment

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Author: Don Bosco · Year of first publication: 1848.
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Giorno decimoquinto. Sue occupazioni.

Vincenzo che si riguardava qual servo inutile era talmente occupato da mattino a sera, che la sua vita era una continuazione di opere buone. Un altro uomo laborioso, meno sostenuto dalla grazia avrebbe soggiaciuto sotto quella moltitudine di affari. Non si può concepire come un uomo soggetto ad infermità, senza mai tralasciare i suoi esercizi di divozione, abbia potuto soddisfare tante occupazioni sì disparate; ultimare un sì gran numero di affari, che non avevano connessione tra di loro; rispondere ad una folla prodigiosa di lettere che riceveva da ogni parte, e assistere con attenzione le due compagnie che aveva instituite. Le sue occupazioni erano talvolta sconcertate da’ contrattempi, ma il Santo sapeva mirabilmente rimetterle in ordine. Coglieva l’occasione di fare un nuovo bene senza perdere di vista quello, di cui aveva formato il progetto.

Non ci rimane più che una piccola parte delle lettere che scriveva in Francia, in Italia, in Barberia e ne’ paesi ancor più lontani, ed esse sono nulladimeno in sì gran numero, che fa spavento la loro moltitudine, e la varietà delle materie, sulle quali era obbligato a rispondere. Vescovi, Abati de’ più distinti, Direttori illuminati lo consultavano sovra affari tanto delicati, quanto importanti. Principesse gli dimandavano delle missioni per le loro signorie, soccorso che non rifiutava giammai. Ora è la congregazione di Propaganda, che scongiura di spedire i suoi figli al Gran Cairo; ora se gliene dimandano per i paesi stranieri; ora una madre afflitta che da’ confini del Regno, ove la sua carità l’aveva fatto conoscere’ Io prega d’ interessarsi per un figlio, che schiavo in, Algeri è in pericolo di perdere o la vita, o la fede. Un giorno è un rinnegato che da: Algeri s’indirizza a lui, per trovare nella sua carità i mezzi di riparare alla sua apostasia; un altro giorno è una Abadessa che, disanimata dalle difficoltà del governo, non sa qual partito prendere. Oggi è un giovane che, trascorsi alcuni mesi di noviziato, è tentato di ritirarsi dal chiostro. Domani saranno i Nunzii Bagni e Piccolomini che, a voce o in iscritto, bramano avere il suo parere sopra diversi articoli che riguardano o il bene particolare delle Diocesi, o il ben generale della Chiesa intera. Sovente saranno saggi religiosi che ricorrono a lui, come ad un padre sempre pronto ad aiutarli, sia nella riforma de’loro ordini, sia in altri affari spinosi. Nel mattino sarà il capo d’augusta compagnia che combinerà con lui alcuni di quegli affari, che la politica vorrebbe riprovare, ma che la equità e la religione approveranno sempre. Alla sera sarà un missionario che ha bisogno di essere confortato nel suo stato o di essere ricondotto al primiero fervore. Qualche volta saranno virtuosi preti i quali non conoscono sollievo nè riposo, e di cui bisogna moderare lo zelo perchè possa continuare più a lungo. Dei resto quelle lettere innumerevoli son tutte ricolme dello spirito di colui `che le scriveva.

L’umiltà, la dolcezza, il disinteresse, la saggezza, la rettitudine, la carità, la sottomissione a tutte le volontà di Dio, sono il marchio uniforme, coi quale vengono contrassegnate.

Nel tempo stesso in cui Vincenzo trovavasi distratto dalle persone famigliari e straniere, era totalmente occupato da una moltitudine d’opere sante e penose. Lavorava a sbandire la mendicità da Parigi, e a fare riuscire il progetto d’un Ospedal-generale; si sforzava di confortare coloro de’suoi che avevano penetrato in Iscozia e nelle Ebridi; ogni giorno riceveva le più spiacevoli notizie della desolazione della Piccardia, della Sciampagna e della Lorena, e che per impedirne la rovina totale faceva passare in quelle parti immense elemosine.

Durante sua vita la casa di san Lazzaro tu sempre quella ch’era al tempo degli ultimi giudici d’Israello la casa del Profeta: era come un oracolo a cui tutte le persone. che meditavano intraprendere qualche buona opera, accorrevano da ogni parte per attignere ne’lumi del’Uomo di Dio i consigli oli cui abbisognavano. Oltre le assemblee ordinarie, alle quali assisteva esattamente tre volte per settimana, era frequentemente chiamato per elezioni di prelati, di dottori, di superiori di comunità e di altre persone d’ogni condizione, sia per fermare il corso di qualche grave disordine, sia all’oggetto di stabilire un buon governo, sia per ricondurre la pace in un monastero o in una famiglia. Perciò, eccettuato il tempo ch’egli consacrava al ritiro annuale, usciva quasi tutti i giorni per affari di carità, che lo toglievano alla sua solitudine. Ritornato a casa, dopo aver recitato il suo uffizio in ginocchio, ascoltava coloro de’suoi o degli esteri, i quali desideravano parlare con lui. Se a queste serie occupazioni si aggiungono quelle procurate da diverse case della sua congregazione, quelle delle figlie della carità, e delle religiose della Visitazione, delle quali ebbe, finchè visse, una cura particolare, si potrà forse non convenire che i suoi anni furono pieni, e che non ebbe alcun di quei mesi vuoti, che la Scrittura condanna?

Benchè la gloria d’Iddio fosse l’unico motivo delle imprese del Santo, ciò non pertanto non tutte riuscirono. In quel modo che per le campagne vi sono degli anni sterili, in cui le speranze del coltivatore sono più o meno deluse, così per le opere di Dio ci sono delle stagioni le quali sembrano sonnacchiose riguardo a’ suoi più fedeli servitori. Gli Apostoli lo provarono più d’una volta, e Vincenzo lo provò com’essi.

Desta sorpresa l’udir parlare di grandi occupazioni, quando si tratta di un uomo che si avanza a gran passi verso l’eternità. Ciò nondimeno il nostro Santo, comunque sopraccarico fino al giorno che precedè la vigilia della sua morte, le disimpegnò con una precisione ed una presenza di spirito ammirabile. Radunava sovente gli ufficiali della sua casa ed i suoi assistenti: parlava a tutti riuniti o ad ognuno in particolare, secondo che esigevano le circostanze, si faceva render conto dello stato degli affari, e ne deliberava con essi. Regolava le missioni, destinava ad esse quelli che erano più adattati, e concordava con loro la maniera con cui bisognava agire per farle riuscire. Faceva per le altre compagnie, delle quali era incaricato, quanto faceva per la sua propria congregazione. Inviava alcuni suoi preti per rappresentarlo ne’ luoghi ove non poteva più trasferirsi, e quando si trattava di qualche affare importante, dava loro una lezione sì esatta che non avevano, se volevano essere sicuri del successo, che ad ubbidire. Giudicando di lui dalle sue risposte credevasi nelle provincie la sua salute fosse sempre a un di presso nel medesimo stato, ed è perciò che riceveva una infinità di lettere, alle quali non tralasciava mai di rispondere. Sebbene scrivesse sopra ogni argomento, scriveva più volentieri in favor della miseria e dell’ indigenza: si osservò le ultime sue lettere riguardare in tutto a’ bisogni ed al sollievo de’ poveri.

Nel trambusto delle occupazioni ed in mezzo alle importunità di una folla di persone di ogni condizione che l’assediavano, si scorgeva sempre l’uomo di pace e di consolazione. Finalmente conciliava sì bene l’offizio di Marta con quello di Maria, che allorquando sembrava maggiormente occupato, si riconosceva ancor meglio che lavorava per Dio e sotto gli occhi di Dio. Se a tante occupazioni si aggiungono gli esercizi di divozione, si vedrà che conosceva il prezzo del tempo. Sarebbesi fatto uno scrupolo di perderne un solo istante, e cosi raddoppiava i suoi anni innanzi a Dio. Era l’ultimo di tutti nell’andare al riposo notturno, e durante il giorno era quasi sempre occupato a pregare, a ricevere o a dare consigli, a formare deliberazioni o ad esequirle. I suoi preti avevano dopo orni pasto un’ora circa di ricreazione, egli in vece quasi mai ne profittava, perchè aveva ordinariamente qualche cosa premurosa da tare. Finalmente, quantunque accordasse a coloro che gli parlavano, e soprattutto agli stranieri, il comodo per dirgli tutto ciò che era d’uopo, era per altro attentissimo ad eliminare ì discorsi inutili: evitava le digressioni fino nelle assemblee di divozione, alle quali interveniva per li poveri. Tanto preciso nelle sue parole, quanto giusto nelle sue idee riconduceva al punto essenziale coloro che se n’ erano allontanati, ma lo faceva con tanta grazia, che niuno trovava a ridire. Possedeva una forza di spirito infaticabile per applicarsi a’ più grandi affari, e la più sorprendente facilità di abbandonare tutto in favore dei deboli e dei semplici che venivano ad interromperlo.

In ciascun giorno degli ultimi anni di sua vita, per disporsi alla morte, recitava le preghiere degli agonizzanti colla raccomandazione dell’anima, e alla sera si metteva in grado di rispondere al Divin Giudice, nel caso che quella notte stessa gli fosse piaciuto di chiamarlo al suo tribunale supremo.

Frutto. Un atto di contrizione per dimandare a Dio perdono del tempo perduto, promettendo di occupare santamente tutti que’ giorni di vita che Dio ci vorrà ancora donare.

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