Storiografia delle missioni (5)

Francisco Javier Fernández ChentoI tempi di San Vincenzo de PaoliLeave a Comment

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Author: Luigi Mezzadri, C.M. · Year of first publication: 1996 · Source: La predicazione in Italia dopo il Concilio di Trento, ed. Dehoniani Roma.
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5. Congregazione della missione

La comunità fondata da S. Vincenzo Depaul (o de Paul, 1581­-1660) fu espressamente voluta per le missioni. Fu la “Missione” tanto che il santo ottenne che Christophe Authier de Sisgaud non usasse per i suoi confratelli la dizione “preti missionari”. La caratteristica di questa comunità, che dal 1638 cominciò a essere diffusa anche in Italia, fu la dominante catechistica e l’assenza sia di mani­festazioni penitenziali, come anche la sobrietà di quelle popolari. Il canto era quello liturgico, la processione si svolgeva solo alla fine, non c’erano teatralità e pompa. Inoltre i missionari andavano a pre­dicare nei piccoli paesi, riuscendo a penetrare meglio nel tessuto so­ciale e religioso della popolazione.

Le missioni dei lazzaristi sono state studiate solo di recente. Il primo a utilizzare le relazioni era stato per la verità il p. Giorgini per un suo lavoro sulla Maremma toscana1. Chi scrive si è occupa­to in varie riprese dell’argomento sia in generale2, come per lo stu­dio di singoli territori missionari3. Giorgio Rossi nella sua ricerca sulle missioni di Tivoli4 si è strettamente attenuto ai dati delle rela­zioni, invitando a evitare interpretazioni che stessero “sopra” la re­ligiosità del popolo tiburtino5. Egli ha accolto le riflessioni di Giu­seppe De Rosa, secondo il quale «nei paesi di tradizione cattolica la religione popolare non è una religione diversa dalla religione-di­chiesa, ma è la religione della chiesa vissuta e praticata dal popolo cristiano»6.

Delle missioni nel sud si sono occupati Palese7, Iapicca8, e Mario Iadanza9. Quest’ultimo in uno studio penetrante ha messo in rilievo le situazioni di molta parte del Regno del sud stretto dai morsi della fame. In un paese i missionari costatarono che «quella buona gente è più bisognosa di vesti e di pane, che di prediche»10. L’autore giudica la missione «vissuta come un grande rito collettivo», espres­sione di una comunità compatta nei valori e nella cultura11.

Criticando Carla Russo12, che aveva parlato delle missioni solo come una realtà capace di acculturazione e non di cristianizzazione, scrive: «Questa distinzione appare discutibile; infatti è l’opera di cristianizzazione operata dalla missione a tradursi in azione di ac­culturazione, per cui nell’analisi del patrimonio religioso, conosciti­vo e comportamentale delle plebi rurali del mezzogiorno, non si de­ve prescindere dall’influsso delle missioni che, pur nella loro straor­dinarietà, erano agenzie formative ed educative di indubbio valore per le energie che riuscivano a mobilitare, per l’attenzione che su­scitavano, per il consenso e il successo che riscuotevano. La strate­gia apostolica dei missionari, mirante all’adesione della mente e del cuore alla verità evangelica e alla riforma dei costumi, aveva quindi come obiettivo principale la cristianizzazione»13.

Mentre Adele Bollati ha studiato recentemente le missioni del­la casa di Firenze14, Luigi Nuovo ha seguito l’evoluzione della mis­sioni della casa di Torino15. Una delle domande che si pone que­st’ultimo è se e in quale misura la fondazione sabauda (1656) sia stata in funzione antivaldese. In realtà, i missionari furono mandati a predicare nelle valli valdesi solo nel 1688, nel 1701, nel 1731,1738 e 1748. I risultati furono deludenti e non si volle continuare in inu­tili tentativi, mentre eccellente fu la messe raccolta nei paesi tradi­zionalmente cattolici.

  1. Cfr. C. GIORGINI, La Maremma toscana nel Settecento. Aspetti sociali e re­ligiosi, S. Gabriele dell’Addolorata 1968.
  2. Cfr. L. MEZZADRI, San Vincenzo de’ Paoli e la religiosità popolare, in AMI 89 (1982) 77-102; ID., San Vincenzo Depaul, 113-119; ID., La congregazione della missione,153-201; L. MEZZADRI — J.M. ROMAN, Storia della congregazione della mis­sione, passim. Sempre sulle missioni in generale della congregazione: R. CHALU­MEAU, Saint Vincent de Paul et les missions en France au XVIle siècle, in «XVIIe siè­cle» 90-91 (1958) 317-327; Vicente de Paúl y la catequesis, Salamanca 1979; Misio­nes vicencianas y evangelización del hombre de hoy, Salamanca 1987; E. AMYOT D’INVILLE, Les missions paroissiales vincentiennes au XVIIe siècle. Approches d’un mouvement d’évangélisation de l’Europe, S.n.t. (Document de travail).
  3. Cfr. L. MEZZADRI, Le missioni popolari della congregazione della missione nello Stato della Chiesa (1642-1700), in «Rivista di Storia della Chiesa in Italia» 33 (1979) 12-44; ID., Le missioni popolari dei lazzaristi nell’Umbria (1657-1797), in Vincent de Paul. Actes du colloque international d’études vincentiennes, Roma 1983, 31- 61; ID., Le missioni popolari in Corsica, in «Vincentiana» 28 (1984) 62-77.
  4. Cfr. G.F. Rossi, Missioni vincenziane,143-210.
  5. Cfr. ivi, 209.
  6. G. DE ROSA, Che cos’è la “religione popolare”?, in «La Civiltà Cattolica» 130 (1979) II, 114-130; ID., La religione popolare è folklore, superstizione e magia?, ivi III, 358-370; ID., “Religione delle classi subalterne”? Il significato della religione popolare, ivi IV, 320-334.
  7. Cfr. S. PALESE, L’attività dei vincenziani di Terra d’Otranto nell’età moder­na. Fonti e metodo, in Ordini religiosi e società nel Mezzogiorno moderno. Atti del seminario di studio (Lecce 29-31 gennaio 1986), a cura di B. PELLEGRINO e E GAU­DIOSO, II, Galatina 1987, 381-409.
  8. Cfr. A. IAPICCA, Le missioni popolari della congregazione della missione nella diocesi di Napoli dal 1668 al 1799 (Tesi di laurea), Roma 1989-1990.
  9. Cfr. M. IADANZA, Aspetti di vita sociale e religiosa del Sannio beneventano nelle relazioni dei missionari vincenziani (secoli XVIII-XIX), in Dal comunismo pa­storale all’individualismo agrario nell’Appennino dei tratturi. Atti del convegno or­ganizzato dall’Istituto “G.M. Galanti”, 225-290.
  10. Così a S. Elia nel 1761 (ivi, 239). A Cusano nel 1817 «molti e molte sem­bravano morti ambulanti, e non mancarono di quelli, che anche in tempo della missione morirono di fame» (ivi, 241).
  11. Cfr. ivi, 267.
  12. Cfr. C. Russo, La religiosità popolare nell’età moderna. Problemi e prospet­tive, in Problemi di storia della Chiesa nei secoli XVII-XVIII, Napoli 1982, 137-190, spec. 280 s.
  13. Ivi, 280 s.
  14. Cfr. A. BOLLATI, I preti della missione della casa di Firenze e le missioni po­polari in Toscana dal 1703 al 1784, Roma 1995.
  15. Cfr. L. Nuovo, La predicazione missionaria.

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