4. I francescani
I cappuccini. Un’altra grande famiglia che si segnalò per l’intensità della predicazione missionaria fu quella dei cappuccini1.
Il primo storico dell’ordine, Bernardino da Colpetrazzo, scrive che «fu rinovato nella Chiesa il predicare la Scrittura Sacra, che prima non si predicava se non questioni, filosofia et favole di Isopo et altri sogni et vanità»2. I predicatori cappuccini erano chiamati pertanto «predicatori evangelici». Essi «andavano tutti scalzi, pallidi in viso, che parevano corpi scavati. Et tanto più davano stupore quanto che di raro erano visti»3. Il cappuccino si presentava come «una tromba sacerdotale» con uno stile veemente, ma semplice, che toccava argomenti di carattere morale che chiamavano alle origini “casi di coscienza”.
La predicazione cappuccina dunque dall’inizio fu semplice, evangelica, indirizzata ai poveri4, ricca di catechismo. Del p. Giuseppe da Ferno (1485-1556) si scrisse: «El preditto Frato del capuzólo ha predicato questa mattina in Domo (a Modena) et ha hauto bellissima audientia, et poi dopo dexinare pur in Domo in pulpito ala presentia de molti puti ge ha insignato el credo de passo in passo spianato, et chi lo fece, et lo partito in 12 puti che lo insegnano ali altri»5.
Uno dei momenti essenziali della missione cappuccina era costituita dalle quarantore. Non è il caso di ritornare sulla disputa relativa alle origini di questa pratica così caratteristica dei secoli XVI e XVII. Probabilmente è una questione mal posta la sola domanda sul primato. I meriti dei cappuccini non furono tanto quelli di arrivare primi, ma di averla fatta propria e averla divulgata nella predicazione, cosa che i barnabiti, comunità che si era specializzata nell’educazione dei collegi, non avrebbe potuto e saputo fare6.
I contenuti di questa pratica erano simili a quelli della missione, tanto che prevalevano i temi della conversione su quelli prettamente eucaristici. Quando, poi, dal 1556 i gesuiti organizzarono le quarantore in modo teatrale, in contrapposizione al carnevale7, esse acquistarono ulteriore significato. I missionari erano sempre in numero consistente. Nella missione di Montpellier (1° dicembre 1686 – 8 febbraio 1697) i missionari furono trenta.
Lo studio della missione cappuccina non può prescindere da quello delle singole figure. Ricordiamo solo alcune come S. Giuseppe da Leonessa (t 1612), che predicava in un modo molto popolare, il ven. Antonio da Olivadi (t 1720) e il b. Angelo da Acri (t 1739), apostolo della Calabria per 37 anni, Carlo da Motrone (t 1763), che predicò 416 missioni. Questi per tre volte alla settimana percorreva le vie delle città a piedi nudi e con una corona di spine sul capo. Nei paesi di lingua francese la figura di maggior spicco fu Honoré de Cannes (t 1694). Ricordiamo anche come in Savoia furono organizzate le missioni, volanti. In Spagna si segnalò il ven. Giuseppe da Carabantes (t 1694)8. Per tutto questo è sempre indispensabile il lavoro ampio di Melchior da Pobladura9, che però va integrato almeno per il primo secolo di vita con l’ottima raccolta antologica delle fonti cappuccine curata dal p. Costanzo Cargnoni10.
S. Leonardo da Porto Maurizio. Nel ‘700 Leonardo (16761751)11 riuscì a operare una sintesi organica molto interessante fra i vari metodi. Dal 1708 alla morte, per 44 anni, fece 343 missioni. In una lettera molto nota al card. Crispi affermò che aveva scelto una via media fra la missione centrale dei gesuiti, molto breve e con molte esteriorità, e quelle dei lazzaristi, che prediligevano i piccoli paesi di campagna12.
Su Leonardo e la sua predicazione Roberto Colombo ha impostato un lavoro pregevole. Ha offerto per prima cosa delle riflessioni di metodo, inquadrando lo slancio missionario o «l’invasione missionaria», espressione di Ch. Berthelot du Chesnay, che risente però della bremondiana «invasione mistica». Ha messo in rilievo la necessità di una ricostruzione della cultura dei missionari e dell’ideologia della missione, per evitare di cadere in una pura descrizione fenomenologica di questa forma di predicazione al popolo. Utilizzando il Diario delle missioni di S. Leonardo da Porto Maurizio, scritto da fra’ Diego da Firenze, l’autore conduce un esame accurato del senso dei principali interventi del santo durante le sue campagne missionarie13.
- Cfr. MELCHIOR A POBLADURA, Historia generalis ordinis fratrum minorum capuccinorum, 4 voli., Roma 1947-1951; ARSENIO D’ASCOLI, La predicazione dei cappuccini nel Cnquecento in Italia, Loreto-Ancona 1956; K. KRIECH, Wesentlich Volksmission Heute, Wien 1963; C. CARGNONI, Le quarantore ieri e oggi. Viaggio nella storia della predicazione cattolica, della devozione popolare e della spiritualità cappuccina, Roma 1986; B. DOMPNIER, Activité, 235-254.
- BERNARDINUS A COLPETRAZZO, Historia ordinis fratrum minorum capuccinorum (1525-1593), II, a cura di MELCHIOR A POBLADURA, Roma 1940, 188.
- Ivi, 257.
- «Ma li poveri contadini per non haver che pagar, sono abbandonati da predicatori. Or per questi ci ha mandati il Signore» (ivi, III, 64).
- Cit. da ARSENIO D’ASCOLI, La predicazione, 266.
- Rivendicata dai barnabiti: A.M. GENTILI, I barnabiti, Roma 1967, ma a lungo considerata dai cappuccini come una loro bandiera: cfr. le conclusioni ragionevoli di C. CARGNONI, Le quarantore, passim.
- Il Carnevale santificato: cfr. C. CARGNONI, Le quarantore, 29 s.
- Cfr. MELCHIOR A POBLADURA, Historia, 11/2, 61-82; III, 439-455.
- Cfr. MELCHIOR A POBLADURA, Historia, passim.
- Cfr. I frati cappuccini. Documenti e testimonianze del primo secolo, a cura di C. CARGNONI, 5 voli., Roma 1988-1993.
- Cfr. Opere complete di san Leonardo da Porto Maurizio, 5 voll., Venezia 1868-69; Prediche e lettere inedite, a cura di B. INNOCENTI, Quaracchi 1915; Prediche delle missioni con l’aggiunta di necrologie, lettere e documenti inediti, a cura di B. INNOCENTI, Arezzo 1929; [C. GUASTI], Vita di S. Leonardo da Porto Maurizio, Prato 1867; nell’edizione del 1951, a cura di S. Goiu, ci sono appendici sulla spiritualità e sul metodo delle missioni; S. GOBI, s.v., in Bibliotheca Sanctorum, VII, Roma 1966, 1208-1221; L. MEZZADRI, Lettere inedite di S. Leonardo da Porto Maurizio al card. Giacomo Lanfredini vescovo di Osimo e Cingoli, in «Divus Thomas» [Piacenza] 74 (1971) 198-221.
- Cfr. Opere complete, IV, 556-559.
- Cfr. R. COLOMBO, Il linguaggio, 369-428.