Il cristiano guidato alla virtu ed alla civiltà secondo lo spirito di San Vincenzo De’ Paoli
Opera che può servire a consacrare il mese di luglio in onore del medesimo Santo
TORINO MDCCCXLVIII
TIPOGRAFIA PARAVIA E COMPAGNIA
L’Autore intende di godere dei privilegi accordati dalle Regie Leggi, avendo adempito a quanto esse prescrivono.
[è premesso alle opere anonime]
Al lettore
Lo scopo di quest’operetta è di proporre a tutti i fedeli un modello di vita cristiana nelle azioni, nelle virtù e nelle parole di S. Vincenzo de’ Paoli.
Essa porta per titolo il Cristiano guidato alla virtù ed alla civiltà secondo lo spirito di S. Vincenzo de’ Paoli, perchè questo Santo avendo quasi percorse tutte le condizioni basse ed elevate non fu virtù che in questi diversi stati non abbia praticato. Si aggiungono quelle parole alla civiltà perchè egli trattò colla più elevata e più ingentilita classe d’uomini, e con tutti seppe praticare quelle massime e quei traiti che a cittadino cristiano, secondo la civiltà e prudenza del Vangelo, si addicono.
Secondo lo spirito di S. Vincenzo de’Paoli, perché quanto siesporrà nel decorso di queste considerazioni è letteralmente ricavato dalla vita di lui e dall’opera intitolata: Lo spirito di S. Vincenzo de’Paoli, inserendovi solo alcuni detti della sacra scrittura sopra cui si fondano tali massime.
Si comincia col dare un cenno sulla vita del Santo, e questo formerà come l’indice di que’concetti che verranno con maggior corredo di circostanze sviluppali.
Intanto quel Dio che suscitò un, Vincenzo qual fiaccola luminosa a spargere il sale della virtù, e a portare la luce della verità alla fede cattolica; quel Dio che volle togliere dalla plebe un uomo abbi cito per eleggerlo ad azioni magnanime onde far cangiare di aspetto in Francia e l’ Europa insieme: quel Dio faccia che la stessa carità, lo stesso zelo si riaccenda negli ecclesiastici affinché indefessi adoperinsi per la salute delle anime; cosicché i popoli illuminali dalle virtù del Santo, eccitati e mossi dal buon esempio de’ sacri ministri corrano a gran passi per quella strada, che alla vera felicità l’uomo conduce: al Paradiso.
Cenni storici intorno alla vita di san Vincenzo de’ Paoli.
VINCENZO nacque l’anno 1576 nel villaggio appellato Poy vicino a’ Pirenei, Diocesi di Acqus, da genitori poveri, ma pii ed onorati, i quali si guadagnavano il pane con travagliare alla campagna. Egli medesimamente da fanciullo, fu impiegato a guardare gli armenti. Suo padre rilevando la buona indole di questo figliuolo e l’inclinazione allo studio, fece i suoi sforzi per mantenerlo alle scuole nella vicina città d’ Acqus. Nello spazio di quattro anni fece tanto profitto nelle scienze, che a diciassette anni entrò in casa di un avvocato in qualità di maestro di due suoi figliuoli.
Mentre coltivava lo spirito di questi felici suoi allievi, si sentì dal Signore Iddio chiamato nel ministero Ecclesiastico. Onde ricevuti gli ordini minori, previo consenso e gradimento del suo padre, si trasferì prima in Tolosa, poscia in Saragozza, ed in queste celebri Università v’impiegò sette anni continui a studiare la teologia dogmatico-morale. Quindi promosso al suddiaconato, diaconato, e consacrato Sacerdote venne provveduto di un beneficio con cura d’anime. Ma essendogliene contrastato il. possesso volentieri cedette subito ogni sua ragione al concorrente, non solo perchè sapeva essere cosa disdicevole ad un servo di Dio il litigare, ma molto più perchè riputandosi egli per principio di umiltà inabile a portarne il grave peso, stimò sua gran fortuna l’esserne scaricato.
Per qualche importante affare dovette Vincenzo recarsi a Marsiglia, d’onde s’imbarcò alla volta di Narbona antica città di Francia. In questo cammino fu preda de’corsari che lo condussero schiavo in Barbaria, dove servì diversi padroni. Finalmente la Provvidenza dispose, fosse venduto ad un rinegato della città di Nizza. Aveva costui una moglie turca, la quale cooperò a’ misericordiosi disegni di Dio per convertire e trarre il marito dall’apostasia, e liberare nel medesimo tempo Vincenzo dall’indegna schiavitù.
Questa donna, certamente da Dio inspirata, era curiosa di sapere quali fossero i misteri e la morale, che professavano i cristiani, prendeva le sue ore, e di quando in quando veniva dove lavorava il Santo, il cui ordinario impiego era di coltivare la terra. Rapita dalle dolci istruzioni, e dal racconto, che Vincenzo le presentò della grandezza, della bontà e della giustizia del vero, e solo Dio; mossa altresì per alcuni inni e laudi spirituali, che egli cantava, si affezionò talmente alla Religione Cattolica, l’abbracciò ella stessa e risolse il marito ad abbandonare la setta Maomettana e ritornare nel seno della Chiesa.
Vincenzo raddoppiava le sue preghiere, i digiuni e le austerità, e non lasciò d’insinuarsi colle sue esortazioni nello spirito del suo padrone sinchè venne il momento favorevole, che tutti e tre se ne fuggirono insieme sopra un piccolo vascello. Con prospero vento giunsero sulle coste delle Gallie il 28 giugno 1607. Andarono quindi in Avignone, ove caritatevolmente ebbero ospitalità presso Monsignore Vicelegato, che poscia seco li condusse a Roma. Provveduto al bisogno dei due compagni il Prelato conosciuta la prudenza e santità di Vincenzo lo trattenne presso di se, trattandolo con affetto e dimostrazione di stima e di generosità.
Soddisfatto ch’ebbe alla sua divozione nella capitale del mondo cristiano coll’essersi raccomandato al Principe degli Apostoli, e con aver fatta la visita a quei santuari, ringraziò il suo benefattore e ritornò a Parigi. Colà si pose sotto la protezione e direzione del celebre Cardinale Pietro Berulli, fondatore della Congregazione dell’Oratorio, e da questo consigliato, accettò la carica di precettore de’figliuoli dell’Ammiraglio delle galere.
Se ne stava il servo di Dio in questa illustre famiglia raccolto e ritirato, non ingerendosi mai in altre occupazioni, se non in quelle del suo dovere, nè mai compariva alla presenza del padrone, se non chiamato. Ciascuno l’amava, e l’onorava qual angelo di pace, e qual uomo disceso dal Cielo.
Rendutasi notoria la sua virtù, il Monarca lo nominò cappellano delle galere, ed egli tanto più volentieri gradì questo impiego, attesochè somministrava al suo zelo un largo campo di guadagnare anime a Dio.
Ritrovando quei galeotti più miserabili, ed oppressi per la gravezza de’ loro peccati, che dal peso delle loro catene, si diede con sollecita ed industriosa bontà a conversare famigliarmente seco loro, ed instruirli nel dogma e nelle massime del Vangelo, a soccorrerli con sussidi temporali, onde in breve tempo si vide in essi maggior pazienza, rassegnazione, ed un notabile miglioramento del costume.
Era con essi tanto benigno ed affabile, che quei poveri carcerati andavano a gara di confessarsi da lui. Egli compativali tutti, e li ascoltava con tenerezza, e verso loro praticava tanti uffici di carità, che non sentivano le pene de’ loro travagli, ed i cuori più duri restando ammolliti, tutti lo veneravano come loro affezionatissimo padre, e pronti seguivano i suoi consigli e voleri.
Da san Francesco di Sales venne Vincenzo eletto per superiore, e direttore delle figlie dell’instituto, sotto l’immediata protezione di Maria Vergine SS. della Visitazione, ed in trentott’anni di governo mantenne florido il fervore della perfezione, e colla sua fermezza e soavità lo accrebbe di modo, che perfettamente corrispose al giudizio, che di lui aveva formato il dolcissimo santo Prelato, il quale non potè a meno di esternare la sua allegrezza dicendo, che non poteva trovare nè uomo più savio nè Sacerdote più degno di Vincenzo. Egli è fuor di dubbio, che in tutto il tempo dei suo pellegrinaggio, dimostrò un parzialissimo interesse per la felicità de’ contadini, per la salute delle loro anime. Ad oggetto che non venissero a mancare gli operai per istruirli, e portarli sul sentiero della virtù e dei buon costume, gli riuscì di erigere e stabilire una Congregazione di Preti secolari, con voto dalla Santa Sede approvato, di recarsi di borgata in borgata, di villaggio in villaggio, predicando la divina parola ammaestrando nella dottrina cristiana la gente di campagna senza pretendere, nè ricevere da questa retribuzione o corrispettivo di sorta alcuna. li qual istituto fu solennemente approvato dal Sommo Pontefice Urbano VIII l’anno 1632.
Cooperò efficacemente Vincenzo a far fiorire ed accrescere la disciplina nel Clero: si posero a sua diligenza, raccomandazione, e sollecitudine in buon ordine i Seminari, in vigore le conferenze teologiche morali per i sacerdoti, gli esercizi spirituali da premettersi alle sacre Ordinazioni, al qual effetto voleva, che servissero e stessero sempre aperte le case della congregazione.
Essendo il Re Ludovico XIII passato agli terni riposi assistito da Vincenzo nelle ultime agonie, la Regina Anna d’Austria volle che egli fosse uno de’quattro Consiglieri da lei nominati per gli affari Ecclesiastici. La maggior sua premura, che abbia spiegato in questo onorevolissimo ufficio, fu di persuadere, ed insinuare l’importanza, che a’Vescovadi, alle Abazie, ed alle Parrocchie si promovessero persone degne, e capaci di adempierne con frutto il formidabile peso, ossia i doveri annessi a tale parte del sacro ministero.
Provarono gli effetti del suo caritatevole cuore i fedeli, che gemevano in ischiavitù presso le barbare nazioni: i bambini esposti abbandonati, le vergini e le monache disperse e pericolanti, le donzelle per miseria alle volte esposte a far male, e le donne di cattiva vita, i carcerati, i pellegrini, gl’infermi, i mentecatti, gli artigiani invalidi: insomma Vincenzo per consolare la travagliata umanità non la perdonò a fatiche, a stenti, a sante industrie. Dispensò copiosissimi sussidi, fondò ospizi, ed altre pie società che ancor in oggi sussistono a fronte della vertigine de’malevoli.
Era poi questo venerabile Sacerdote estremamente nemico d’ogni lode, applauso, e stima, anzi se qualcheduno ne dava indizio, sapeva subito contrapporvi parole, ed azioni d’umiliazione e di disprezzo di se medesimo.
Un personaggio qualificato voleva un giorno accompagnarlo nel prendere da lui congedo sino alla porta: non s’incommodi, gli disse, perchè io sono figliuolo di un povero contadino, ed in mia gioventù ho condotto al pascolo le pecore e gli armenti.
Un’altra volta una buona femmina lo chiamò col titolo di Monsignore, a cui il Santo, povera donna, rispose, voi mi conoscete assai male, e v’ingannate all’ingrosso: imperciocchè io sono un vacaro, figliuolo di un paesano.
Un suo nipote venne a visitarlo; il portinaio ne diede l’avviso a Vincenzo, il quale scese subito le scale e abbracciatolo strettamente lo prese per la mano, l’introdusse in casa, poscia chiamati i preti della Congregazione, loro disse: questo mio nipote che voi ben vedete in abito così meschino, e dispregevole, si è il più civile, e gentiluomo della sua famiglia. Nè pago di questo volle seco lui uscire in pubblica piazza.
Si dimostrò il Santo in ogni occasione pieno di umiltà, di semplicità, e di rettitudine; abborrì di continuo gli onori, le dignità, le ricchezze, gli agi mondani; riponeva tutte le sue delizie nella mortificazione e nella pratica di quelle virtù, che lo potevano rendere più gradito alla Divina Maestà.
Dalla penitenza e dalle malattie estenuato finì i suoi giorni in Parigi l’anno 1660 ottantesimo quinto della sua vita.
Tale si è in compendio la vita di S. Vincenzo de’ Paoli, le cui virtù noi andremo considerando in quest’ operetta. Ogni fedel cristiano avrà di che specchiarsi; l’ecclesiastico troverà una norma nell’ operare, una guida per seguire. Il secolare troverà un padre che lo ama, che lo anima al bene, lo avverte perchè fugga il male, lo conforta nelle pene, lo modera nelle sue prosperità. In somma troverà quel grand’ uomo elio si fece lutto a tutti per guadagnare tutti a G. Cristo.
Intanto quel Dio il quale tanto grande appare nella gloria de’ suoi Santi faccia che questo libro ridondi ad onor suo, e di quel Santo che intendiamo proporvi a maestro; tutto poi a vantaggio spirituale di quelle anime che vorranno venire a questa scuola per apprendere quella strada che sicura al Cielo conduce.