Il cristiano guidato alla virtù ed alla civiltà secondo lo spirito di San Vincenzo De’ Paoli. Giorno vigesimosecondo

Francisco Javier Fernández ChentoVincenzo de' PaoliLeave a Comment

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Author: Don Bosco · Year of first publication: 1848.
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Giorno vigesimosecondo. Suoi ritiri spirituali.

Niuno aveva fino allora intrapreso in questo genere ciò che Vincenzo eseguì. I più gran Santi degli ultimi secoli avevano dovuto gemere sulla corruzione che regnava nel cristianesimo. Esortavano i fedeli a pesare tutte le loro azioni sulla bilancia della verità ed a riflettere profondamente sull’ eternità che si avanza celeremente, ma era riserbato a Vincenzo di procurar loro in questo particolare delle felicità che non avevano ancora avuto, e togliere a’ non facoltosi, cioè al maggior numero, i pretesti o reali o immaginari di cui sogliono servirsi onde velare la loro negligenza e la loro insensibilità. Per giungere a questo bisognava non solo somministrar loro dei direttori capaci di commoverli co’ loro discorsi e di ben guidarli nel tribunale di penitenza, ma eziandio risparmiar loro la spesa. Essa si conta per nulla comunque rilevantissima ella sia, allorchè trattasi de’ propri piaceri, ma si riguarda come eccessiva, tuttochè assai modica, se dee impiegarsi per la salvezza eterna. Questa riflessione indusse Vincenzo a dividere la sua casa, i suoi mobili e tutto ciò che poteva avere con chi avesse voluto profittarne per riconciliarsi con Dio. Simile a quel padre di famiglia, di cui si paria nel Vangelo, costringeva in certo qual modo i buoni ed i cattivi ad assiderai alla sua tavola. Per unica ricompensa chiedeva che i giusti si santificassero vie più, e che coloro i quali non lo erano facessero ogni sforzo per divenirlo. La fama di una condotta sì disinteressata si divulgò in Parigi e nelle provincie, ed in pochi mesi la casa di s. Lazzaro fu quanto mai frequentata. Era uno spettacolo il vedere nello stesso refettorio signori della prima sfera, ed uomini del più infimo stato; laici e persone vincolate nel chericato; magistrati e semplici artigiani; padroni e domestici; finalmente vecchi che accorrevano a piangere stai passato, e giovani che venivano a cercare di preservarsi contra i pericoli dell’avvenire. Per sostenere un’ impresa di questa natura e ritrarne tutto il frutto che poteva produrre, erano necessari un gran cuore e molti lumi.

Tale fu il piano generale che Vincenzo si formò; per eseguirlo in un modo utile a coloro che facevano il ritiro, e trasmetterlo d’età in età fino a’ suoi più tardi successori, si sforzò per dimostrare agli uni ed

agli altri il prezzo della grazia che Dio metteva nelle loro mani. Rappresentò agli esercitandi (è questo il nome che si dà a coloro che fanno gli esercizi spirituali) che l’unico tino del ritiro è di distrurre il regno del peccato, di riformare l’uomo interamente e di rinnovare l’ uomo interiore, fargli aprire gli occhi sui doveri propri del suo stato e sulle sue obbligazioni personali; finalmente di fissarlo solidamente in una vera carità che unisca a Dio il suo cuore e tutte le potenze dell’anima sua, in modo che possa, senza offendere la verità, esclamare coll Apostolo: Non son più io che vico, ma è Gesù Cristo che vive in me.

Per non omettere cosa alcuna di quanto poteva contribuire al buon successo de’ ritiri, il servo di Dio esigeva che coloro, ai quali assegnava la guida di questi ritiri prendessero per materia de’ loro sermoni non già de’ soggetti capaci di rallegrare la spirito e di ricreare l’immaginazione, ma bensì le verità principali dell’ eterna salvezza; in una parola quelle che no buon cristiano non dimentica mai. e non può rammentare senza divenir migliore. Perciò il fine pel quale Iddio ci ha creati, le grazie che abbiamo da lui ricevuto, le grandi lezioni che ci ha dato in Gesù Cristo suo Figlio, i soccorsi che ci ha preparati ne’ Sacramenti, le disposizioni che sono necessarie per accostarvisi; l’orrore del peccato, le conseguenze funeste che trae seco, la vanità del mondo e de’ suoi giudizi, le illusioni del nostro proprio cuore; le tentazioni della carne, la malizia e gli artifizi dell’antico serpente, la brevità della vita, t’ incertezza del momento della morte, i formidabili giudizi di Dio, l’ eternità felice o disgraziata: queste verità ed altre consimili erano in allora, e sono anche oggidì il soggetto ordinario e de’ sermoni di colui che dirigeva il ritiro, e della meditazione di coloro ì quali fanno gli esercizi. In questo modo vengon disposti ad esaminare attentamente le loro coscienze, a fare o delle buone confessioni generali, oppure se ne hanno di già fatte di tali, su cui uno possa esser tranquillo, supplire con una rivista esatta su tutto ciò che vi potrebbe essere stato di difettoso nelle ultime; a formarsi un regolamento di vita dal quale non si dovrà allontanare se non quando non si potrà fare altrimenti; e soprattutto a stabilire delle risoluzioni ferme di evitare il male e di praticare il bene. Il Santo, temendo che dopo la sua morte i preti della sua congregazione oppressi dal lavoro, e stanchi dalla spesa di tanti ritiri gratuiti, non si rallentassero insensibilmente, si sforzò di premunirli contro a questo genere di tentazione. Rappresentò loro che la casa nella quale erano radunali serviva altre volte al ritiro dei lebbrosi, e neppur quo di que’ che vi erano ammessi guariva; e che attualmente vi si ricevevano delle persone attaccate da una lebbra assai più pericolosa di quella del corpo, o per dir meglio, persone già morte, e per misericordia Divina, un eran numero ricuperava la sanità e la vita; che nostro Signore vi operava ancora ogni giorno per rapporto a’peccatori ciò che aveva fatto con Lazzaro risuscitandolo; ch’essi avevano l’onore d’ essere gli strumenti, di cui esso valevasi, per questa grande operazione. «Ah! esclamò, qual motivo di vergogna se questo luogo, il quale ora è come una piscina salutare, in cui tanta gente viene a lavarsi, divenisse un giorno una cisterna corrotta a causa del rilassamento e dell’ozio di coloro che l’ abiteranno! Preghiamo Dio, signori, che questa disgrazia non accada. Preghiamo la SS. Vergine, la quale desidera la conversione del peccatore, che colla sua intercessione l’allontani da noi. Preghiamo il grande amico del Figlio di Dio, San Lazzaro, che si compiaccia d’essere sempre il protettore di questa casa, e che le ottenga la grazia di perseverare nel bene che ha cominciato.»

Vincenzo rammentava pure di tempo in tempo a’ missionari i buoni effetti del ritiro che avevano veduto coi loro propri occhi. Con questi motivi gli animava a non badare a pena, nè a spesa, e diede loro su questo degli esempi più possenti ancora delle parole. Aumentò il numero di coloro che dovevano fare gli esercizi spirituali; più avanzava in età, vie più, cosa rara ne’ vecchi, diveniva santamente prodigo. La sua carità non aveva più limiti, e finalmente andò tant’ oltre, che ammise quanti esercitandi si potevano ricevere. A conto fatto, risulta che negli ultimi venticinque anni di sua vita vi furono più di venti mila persone che fecero il ritiro nella sua casa: vale a dire, che se ne ammettevano oltre ad ottocento tutti gli anni. È vero che qualcheduno pagava la sua spesa in tutto od in parto, ma il maggior numero nulla dava.

Accadendo talvolta che le persone virtuose non pensano sempre tutte egualmente, vi furono alcuni fra i missionari i quali credettero trovare dell’eccesso nella carità del Santo. «Andando in questo modo, dissegli un giorno il fratello incaricato della spesa, la casa soccomberà perchè ammettete un numero troppo grande di esercitandi.» Il sant’ Uomo ali rispose: «Mio fratello, questo faccio, perchè essi voglion salvarsi.» Un altro gli rappresentò che in quella moltitudine di esercitandi ve n’erano alcuni che non lo facevano per profittarne; e che altri vi venivano in cerca del nutrimento del corpo piuttosto che di quello dell’ anima; ma quel degno imitatore della carità di Gesù Cristo gli rispose, essere già molto agli occhi della fede e della religione che una parto degli esercitandi ritraesse dal ritiro il frutto che se ne deve ricavare; e che il nudrire un uomo, il quale si trova nel bisogno, e sempre una elemosina gratissima a Dio; che, se all’oggetto di non essere sorpresi da coloro le cui mire non sono pure, si facessero troppe difficoltà nell’ammettere coloro che si presentano, si respingerebbe qualcuno sul quale lo Spirito Santo ha dei disegni di misericordia, e che finalmente, a forza di voler penetrare i motivi che li facevano agire, si soffocherebbe in molti le primizie della grazia Divina che li chiama a fui; si spiegò su di questo in una maniera sì precisa, che fu facile lo scorgere non solamente che era deciso, ma che v’ era, si può dire, strascinato da un impulso superiore. «Se avessimo, diceva, ancora trenta anni di vita, e che ricevendo quelli che si presentano per fare gli esercizi spirituali non dovessimo sussisterne che quindici, non dovremo perciò tralasciare di ammetterli.»

Se costava assaissimo al nostro Santo il sostenere un’ impresa sì onerosa, bisogna convenire che ne fu, anche durante la vita, al centuplo ricompensato. Allorché la sua congregazione cominciò a dilatarsi, quelle delle sue case che ne avevano i mezzi, fecero, per suo ordine, nei luoghi ove erano situate, i medesimi esercizi che faceva a Parigi quella di San Lazzaro. Vide egli stesso che i ritiri spirituali producevano ovunque dei beni inesprimibili. Ricevè su di ciò un numero prodigioso di lettere che lo felicitavano per le benedizioni che Dio acordava al suo zelo. Sacerdoti, t’arroghi. Vescovi, Cardinali, tutti lo ringraziavano per aver loro facilitato una pratica, quale giornalmente santificava pastori e popoli. L’inclinazione ai ritiri passò da s. Lazzaro in un buon numero di diocesi. Alcuni prelati i duali, quando erano ancora semplici ecclesiastici. si erano posti sotto la direzione di Vincenzo, santificati eglino stessi per mezzo degli esercizi spirituali, impresero di santificare i loro ecclesiastici co’ medesimi esercizi. Uno fra di loro scriveva al servo d’Iddio, che aveva attualmente nella sua casa episcopale trenta sacerdoti che facevano il ritiro con molto frutto.

Noti fu solo in Francia che Dio benedisse i ritiri: la mano di lui accompagnò i misionari anche nell’Italia. Il cardinale Durazzo che col suo zelo onorava la porpora Romana. non ebbe tosto stabiliti in Genova, ev’ era arcivescovo, i preti della missione, che volle esperimentare se avessero fatto tanto bene riguardo agli ecclesiastici, quanto n’ avevano fatto nelle campagne riguardo a’ popoli della sua diocesi. Gli effetti furono oltremai maravigliosi. Lo spirito d’ umiltà e di compunzione vi dominava talmente, che si durava fatica a moderarne lo slancio. «Siamo qui come nella valle di Giosafat, disse in quella occasione uno di que’ signori; ognuno vi fa la confessione delle sue miserie. Felici coloro che con quella confusione anticipata potransi mettere in grado di evitare quella del gran giorno del Signore.» Il cardinal Durazzo, che credeva appena citi che vedeva co’ propri occhi; non poti’ frenare le lagrime; ringraziò mille volte il primo autore di tutti quei beni, e coloro che gli servivano di strumento. L’aspetto di tanti beni era quello, e rendeva il Santo sì fermo a non permettere innovazioni nella sua casa circa i ritiri. Le disgrazie de’ tempi non hanno alterato punto la pratica di quella buona opera.

In Francia, in Piemonte e in tutta l’Italia vi sono case di missionari aperte per gli esercitandi, ì quali più volte all’ anno sono ricevuti anche gratuitamente. Basti il detto finora a far palese quanto il nostro Santo amasse gli esercizi spirituali e desiderasse che tutti i fedeli cristiani ne profittassero.

Frutto. Proponiamo in quest’anno di ritirarci a fare gli esercizi spirituali; e qualora le nostre occupazioni nol permettessero spendiamo almeno un giorno onde aggiustare gli affari di nostra coscienza nel modo che desideriamo trovarci in punto di morte.

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