Giorno vigesimoprimo. Suo rispetto Terso i superiori ecclesiastici.
VINCENZO amava ed onorava lo stato ecclesiastico in ogni sua parto. Rispettava Gesù Cristo nella persona del primo de’ Pastori, che lo rappresenta sulla terra. Quando la Sede apostolica era vacante non cessava di chiedere e di far chiedere a Dio che si degnasse di destinare a capo del suo gregge un uomo secondo il suo cuore. Avendo percorso una lunga carriera, vide durante la sua vita dodici Papi che si succedettero cori molta rapidità sulla cattedra di Pietro. Seguiva, per quanto poteva, la romana disciplina, e fu soltanto per l’obbedienza professata all’autorità ecclesiastica, che accettò l’ incarico di superiore generale della sua congregazione impostogli da Urbano VIII colla stessa Bolla con cui approvava quel novello Instituto. Per questo motivo eziandio, all’istante in cui gli si dimandarono a nome della Santa Sede degli operai per li paesi infedeli, ne spedì alla prima chiamata.
Relativamente a Vescovi non vi era per lui cosa impossibile se trattavasi di ubbidir loro; era sì assuefatto ad onorare nelle loro persone il potere e la maestà di Colui di cui tengono luogo, che non vedeva in essi se non ciò che poteva renderli rispettabili a’ suoi occhi. Il suo zelo per gl’interessi loro si manifestò più sensibilmente quando fu chiamato a formar parte del consiglio di coscienza; non aveva bisogno di sollecitazioni o di preghiere per indursi a servirli, ed aveva maggiore attività per gli affari di loro, di quello ne avesse per li suoi; logorava, per così dire, il suo credito a forza d’ impiegarlo per loro, nè si. stancava di raccomandarli alla Regina, al, Cardinal ministro, al Cancelliere ed a quei Magistrati che avevano maggiore autorità. Perciò i Vescovi del suo tempo lo,riguardavano quasi tutti come un padre. Induceva il clero ed i popoli a rispettare il loro sacro carattere come si conviene; li riceveva presso di e come tanti angeli e come tanti ambasciatori del Dio vivente. I calori dell’estate, il freddo dell’inverno non gl’impedivano mai di partire senza indugio al loro primo invito. Finalmente era verso di loro qual servo che va e viene, secondo gli è ordinato di andare o di venire. Le sue lettere sono un monumento eterno del rispetto che ebbe per l’ ordine episcopale. Qualunque fosse la condotta che tenue riguardo a’ Vescovi, la legge del più inviolabile rispetto fu un punto quale non perdè mai di vista. I medesimi sentimenti di rispetto ebbe riguardo al clero secondario. La sub massima era di fare del bene a tutti, e di non far male ad alcuno; ma quando si trattò de’ministri di Dio, la estese per quanto gli fu possibile. Chiunque era rivestito del sacro carattere e per fino chiunque portava i segni esteriori del chericato, era sicuro di trovare appo di lui un’accoglienza favorevole, un sollievo alle sue pene, una mano sempre pronta a rasciugare le sue lagrime. Collocava secondo i loro talenti quelli ch’erano degni di qualche impiego: non permetteva che i suol parlassero male di quelli de’quali non potevano parlar bene. Secondo lui la cattedra di verità era fatta per inveire contro ai disordini non già del pastore, che ciò facendo s’inasprisce senza convertirsi, ma contra il popolo, che si nasconde nella folla, e che sente meno l’amarezza del calice, perchè la divide con molti. Un missionario più zelante che prudente mancò un giorno a questa regola: il Santo fece un viaggio di sei leghe per andare a chiedere perdono ad alcuni ecclesiastici, verso de’ quali il predicatore aveva usato poco riguardo. Che grande unione e concordia vi sarebbe a’nostri tempi nel clero se queste massime fossero tuttora praticate’
Non si dee già credere che, divenuto un novello Eli, Vincenzo dissimulasse qualora dovesse parlare. Ma aveva imparato da S. Francesco di Sales che la delicatezza ecclesiastica esigge dei grandi riguardi, e, generalmente parlando, le vie della dolcezza sono le prime che bisogna tentare, infatti gli riuscirono molte volte, e la carità congiunta all’ unzione delle sue, parole gli procurarono numerosi acquisti.
Per essere esauditi da lui non occorrevano estranee protezioni, o visite moltiplicate. Quel grande amatore del Sacerdozio di Gesù Cristo trovava nel solo carattere Sacerdotale una ragione sufficiente per intenerirsi. Un Sacerdote sconosciuto ed ammalato gli dimandò qualche soccorso. Vincenzo lo ricevè con bontà, lo alloggiò, lo nudri, gli fece somministrare convenienti medicine, e lo ritenne fintantochè ebbe ricuperata la salute. Un altro, che faceva il suo ritiro a San Lazzaro, si ammalò; il Santo n’ ebbe tutta la cura immaginabile: il male durò lungamente, ma la carità durò più del male. Quando l’ammalato fu ristabilito, Vincenzo gli fece dare una sottana, un breviario, alcuni effetti e dieci scudi per aiutarlo a sussistere. Un terzo, obbligato ad un viaggio, e non avendo mezzi onde fare le spese, si diresse al servo di Dio. Quell’ uomo di misericordia gli somministrò tutto ciò di cui,aveva bisogno, fino i calzari oltre a venti scudi.
La sua carità sacerdotale non venne mai meno, e quantunque abbia speso oltre un millione in ornamenti, biancherie, vasi sacri, abiti, libri e riparazioni di chiese, pure non credè di aver fatto abbastanza. Trovavansi perciò pochi ecclesiastici nel regno, i quali non gli rendessero quella giustizia che egli ricusava a se stesso. Se Giuseppe fu riguardato qual salvatore dell’ Egitto, Vincenzo fu riguardato qual salvatore de’pastori e de’ preti; la cosa era talmente conosciuta che quando, per la infelicità dei tempi, ce n’era una prodigiosa quantità. quasi tutti andarono difilati a san Lazzaro. Coloro che non potevano andarvi, confidando nella sola sua riputazione, si dirizzavano a lui dal fondo delle loro provincie. La sua memoria vi era benedetta e ovunque risuonavano le sue lodi. Un missionario, percorrendo la Sciampagna, incontrò in un borgo il parroco del luogo che gli dimandò chi era. «Sono missionario, rispose il viaggiatore.» A questa parola il parroco si slancia al suo collo, l’abbraccia teneramente. lo conduce in sua casa, gli narra i grandi servigi spirituali e corporali che il Santo ha reso a tutto il paese, ed aggiunge, mostrando la sottana che aveva indosso, et hac me veste contexit: parole che furono dette a san Martino sul proposito dei povero che aveva ricoperto, e di cui più di due mila ecclesiastici avrebbero potuto fare l’uso che ne fece quello di cui parliamo.
Frutto. Guardiamoci bene dall’ essere di quelli che, avendo spesa la loro vita in tutto altro studio che in materia ecclesiastica, si fanno lecito di censurare detti e fatti delle autorita della Chiesa, bestemmiando cosi quelle cose che la loro ignoranza non capisce. Guardatevi, dice il Signore, guardatevi dall’ intaccar i miei ministri con fatti o con parole: nolite tangere Christos meos: perchè quantò si fa o si dice contro di loro, lo è parimenti contro di me stesso. Qui vos spernit, me spernit.