Giorno vigesimo. Sua Gratitudine
La mancanza di gratitudine, abbenchè vizio comune, oltraggia e la Divinità, ch’è il principio d’ ogni bene, e gli nomini di cui essa si serve per ispargere su di noi le sue liberalità. Vincenzo ebbe per questo sciagurato vizio tutto l’orrore che ne deve avere un cuore ben fatto. Avrebbe voluto, se fosse stato possibile, proporzionare la sua gratitudine verso Dio non solo ai beni che riceveva da lui, ma a quelli eziandio che hanno ricevuto e ne ricevono giornalmente tutte le creature. Lo ringraziava de’ favori a loro compartiti dal principio dei mondo, di quelli che continua a far loro, e soprattutto delle buone opere di cui la sua grazia è stata la sorgente. La protezione che Dio accorda alla sua Chiesa, a’ suoi pastori ed a coloro che lavorano per moltiplicarne i figli: i frutti che producono nel suo seno le comunità ben regolate, il felice successo de’ ritiri, delle conferenze, dei seminari e delle missioni: la prosperità de’ Re e dei Principi cristiani; la estinzione de’ nemici della Religione, in una parola ogni avvenimento atto a procurare la gloria di Dio e l’ utilità della cattolica Religione era l’argomento ordinario della sua gratitudine. Fu inteso a dire che bisogna impiegare tanto tempo a ringraziare Dio di un benofizio ricevuto quanto se ne impiegò per dimandarglielo. «La gratitudine, diceva, è un tributo che Dio esige dalla creatura; ed è per facilitarle i mezzi di soddisfare a questo sto dovere che istituì nell’antica legge de’ sacrifizi di ringraziamento, e nella nuova legge quello dell’ Eucaristia, che deve rammentarci le maraviglie da lui operate per amor nostro. L’ ingratitudine è un peccato che inaridisce la sorgente delle grazie: Gesù Cristo se ne lagnò quando di dieci lebbrosi guariti non ne vide ritornar addietro che un solo per testificargli la sua riconoscenza.»
Se dalla gratitudine che il Santo ebbe versa Dio passiamo a quella ch’ebbe verso gli uomini, vedremo in essa pure l’ eccellenza del suo cuore. Il servo di Dio che meritava tanti riguardi s’ immaginava di non meritarne alcuno; ed a ciò si deve in parte attribuire che fosse sì commosso per i più piccoli servigi che gli si rendevano. Un fanciullo che gl’indicasse la strada, un fratello che gli accendesse la lucerna o facesse ancor meno per lui, era sicuro di esserne ringraziato. Qualunque fosse il profitto che si ritraeva nell’intrattenersi con liti, era grato a coloro che andavano a ritrovarlo. «Vi ringrazio, diceva ad alcuni, che non disprezziate la vecchiezza; ad altri, che abbiate avuto la pazienza di sopportarmi ed ascoltarmi…»
Lo spirito di gratitudine che. lo dominava era la sola cosa capace di fargli dimenticare l’austerita delle regole prescrittesi. Camminando un giorno cadde in un fiume, e sarebbesi affogato se un prete che l’ accompagnava non si fosse slanciato nel fiume per trarnelo. Questo giovane missionario, che aveva molto fervore, lo perdè insensibilmente: abbandonò la sua vocazione malgrado tutto ciò che Vincenzo potè fare per trattenerlo. Appena giunto a casa sua trovò delle contraddizioni, alle quali non era preparato, e delle croci non prevedute. Si vide oppresso da affanni e da amarezze conobbe allora di avere commesso un fallo abbandonando uno stato a cui Dio l’ aveva chiamato. Sull’ esempio del figlio prodigo risolvè di ritornare al padre suo, gli chiese perdono e gli scrisse molte lettere affinchè lo ricevesse in alcuna delle sue case. Vincenzo non gli rispose. Quel prete giusta mente afflitto raddoppia le sue istanze e gli fa sapere chiaramente essere perduto per sempre se non gli stende una mano soccorrevole. Il Santo che diffidava della conversione d’un uomo volubile, gli rappresentò la pazienza che si era usata verso di lui, il poco conto che ne aveva fatto, ed i giusti motivi di temere che si pentisse di bel nuovo del suo pentimento stesso, e conchiuse che non si doveva ricevere. Una risposta sì austera fu un colpo di fulmine per quell’ ecclesiastico; fece un ultimo sforzo attaccando Vincenzo nella parte più sensibile. vale a dire dal lato della gratitudine.. «Signore, gli disse, io vi ho una volta salvato la vita del corpo, salvate a me quella dell’ anima.» Alla lettura di quelle parole il cuore del sant’ Uomo fu commosso l’occasione d’ esercitare una preziosa virtù congiunta alla perseveranza di colui, in cui favore doveva esercitarsi, lo determinò al’istante. Rispose perciò: «Venite, signore, che sarete ricevuto a braccia aperte.» Al momento stesso che quell’ ecclesiastico si disponeva a partire, si ammalò, ne fu più possibile il salvarlo. Felice di aver fatto dal canto suo quanto da lui dipendeva onde riparare il suo fallo e d’aver sentiti i rimorsi, che d’ordinario si trascurano invita, e sono per lo più causa di disperazione al punto di morte!
Qualche volta oltrepassò i limiti delle sue forze, un giorno fece un dono di due mila franchi ad un uomo che trovavasi nel bisogno, e che aveva beneficato qualcuna delle suo case. Prese cura particolare di una povera donna, la quale aveva servito due appestati della casa di s. Lazzaro nei tempo in cui i missionari vi furono stabiliti: provvide al suo nutrimento e ne pagò l’alloggio per trenta anni. Finalmente, onde spingere la gratitudine tant’ oltre quanto poteva, riguardava e voleva che ognuno de’ suoi tenesse come fatto a se stesso ciò che veniva fatto a qualcheduno di loro. Egli è per questo che, avvisato avere alcuni religiosi data sepoltura onorevole ad uno de’suoi preti morto fra di loro, diede alla sua comunità, per argomento di conferenza spirituale, la necesita della gratitudine, affine d’ indurre i suoi tigli a pregar Dio per quei religiosi e dimandargli la grazia e le occasioni di rimunerare quel benefizio. È in tal modo che il sant’Uomo possedeva la gratitudine in un grado eminente.
Frutto. Tre atti di carità per dimostrare la nostra gratitudine verso Dio, e quando riceviamo qualche favore dal nostro prossimo, siamo riconoscenti soprattutto qualora il favore ricevuto sia spirituale.