Giorno decimosettimo. Sua povertà.
Quanto più il cuore dell’uomo si distacca dalle cose della terra, altrettanto si avvicina a quelle del cielo e diviene vero seguace di Gesù Cristo. Indi nasce lo spirito di povertà, il quale propriamente consiste nello staccarci dalle cose del mondo e servirsene solo in quanto conducono alla vera felicità. Vincenzo, sebbene prima di conoscere i disegni di Dio su di lui avesse qualche ragione di pensare al suo stabilimento, ha confessato che sentiva nel suo interno non so qual segreto movimento, che facevagli desiderare di nulla avete di proprio e di vivere in comunità. Dio gli accordò l’ una e l’ altra. Si vide Padre di numerosa famiglia, e se lo stato in cui la Provvidenza lo collocò non fu incompatibile con una vera proprietà, seppe nondimeno renderlo compatibile con una rigorosissima povertà. Era sua regola prendere per se ciò che vi ora di più cattivo; portava i suoi abiti per tanto tempo quanto poteva valersene, ovvero prendeva quelli di già usitati da altri all’ incirca della sua statura onde averne de’ nuovi il meno che fosse possibile. Con tutto ciò ebbe il talento di mantenere la proprietà, quale conveniva ad una persona del suo stato. La necessità in cui si trovò di andare frequentemente alla corte, nulla cangiò del solito suo tenore di vita. Si presentò al re in quel modo con cui compariva dinanzi alla sua comunità. Il cardinale Mazzarino prendendolo un giorno per la cintura ch’era alquanto lacera: «Vedete, disse al circolo della regina, come il signor Vincenzo vien vestito alla corte, e la bella cintura che porta.» Forse al punto di sua morte questo ricco ministro avrebbe voluto poter cangiare anima e fortuna con quel povero prete.
Il nutrimento corrispondeva al vestiario, l’alloggio corrispondeva ad ambidue. Per ciò che concerne il nutrimento nessuna distinzione esisteva fra lui ed i suoi, tranne quella di una austera astinenza. Egli era contento quando mancavagli qualche cosa, e poteva pranzare cogli avanzi e col rifiuto di un altro. Teneva una simile condotta nelle sue malattie; infermo com’era, credevasi proibito ciò che non era permesso a’ suoi fratelli; l’esempio di s. Francesco Saverio che mendicava il pane, gli sembrava ammirabile. L’esercitò qualche volta nelle campagne, ove violentato dalla fame, privo di danaro, perchè d’ordinario non ne portava seco, si presentava a qualche contadino domandando un tozzo di pane per amor di Dio. Comunque sobrio negli alimenti facevasi un rimprovero eziandio di quei pochi, non vedendo in se che quel servo inutile, il quale non ha alcun diritto al suo nutrimento, e perciò ripeteva quella espressione a lui sì famigliare, che gli conveniva sì poco: Ah! sciagurato, tu non hai certamente guadagnato il pane che mangi.
Il suo alloggio era il più semplice che si possa immaginare: una camera senza camino, un letto senza cortine, un pagliericcio senza materazzo, una tavola senza tappeto, mura senza alcun drappo, due sedie di paglia, una sola immagine di carta, un crocifisso di legno, ecco tutti i mobili della stia stanza. Nella sua deposizione il primo medico del re, quando vide un uomo di tanto merito e di tanta riputazione alloggiato così miserabilmente,attonito asserì che non aveva altri mobili se non quelli di cui assolutamente non poteva fare di meno.
Lo spirito di povertà lo seguiva dovunque; se aveva bisogno di scaldarsi nell’inverno, risparmiava quanto poteva le legna a profitto de’ poveri; se faceva fare degli ornamenti per la sua chiesa, voleva, ad eccezione di quelli de’ giorni più solenni, fossero della stoffa più comune; so ai vecchi mobili, che non potevano più sere re, se ne sostituivano degli altri di maggior prezzo facevali togliere. «Gli averi della casa, diceva, sono de’ poveri; noi ne siamo gli economi e non già i padroni, e tutto ciò che non ci è necessario sarà materia di un gran rendiconto. Noi non siamo claustrali perchè si è creduto bene che non lo fossimo, ed anche perchè non siamo degni di esserlo; ma non è per questo men vero, che la povertà sia il nodo delle comunità, e particolarmente della « nostra; è appunto questo nodo che, sciogliendola da tutte le cose della terra, l’unirà perfettamente a Dio. Ohimè! che diverrà questa compagnia se dà accesso alla cupidigia di que’ beni, cui l’Apostolo dice essere la radice di tutti i mali?…. Se questa disgrazia accadesse, come si viverà fra di noi? Si dirà: abbiamo tante mila lire di rendita; or ci conviene di starcene un poco in riposo. Perchè mai lavorar tanto? abbandoniamo la povera gente di campagna, lasciando che i loro parroci n’abbiano cura, se cosi lor piace; viviamo agiatamente senza darci tarale pene, ed è cosi che l’ ozio terrà dietro allo spirito di avarizia; non ci occuperemo più ad altro che a conservare ed aumentare i beni temporali, ed a cercar la, propria soddisfazione. Allora si potrà dare l’ addio a tutti gli esercizi della missione, e alla missione stessa, perchè non ce ne saranno più. Basta leggere te storie, e si troveranno infiniti esempi da’ quali risulta che le ricchezze e l’ abbondanza dei beni temporali furono sempre la causa della perdita non solo di molti ecclesiastici, ma eziandio delle intere comunità, e che per non avere conservato fedelmente il loro primo spirito di povertà, sono cadute nel colmo della disgrazia.» Uno de’ suoi preti gli rappresentò un giorno i bisogni della sua casa. «Che cosa fate, gli dimandò il Santo, quando mancate ancora del necessario? Ricorro a Dio, rispose l’ altro. Ebbene! replicò Vincenzo, eccovi ciò che produce la povertà; essa ci fa pensare a Dio, quando invece lo dimenticheremmo se avessimo tutto ciò che ci è necessario. Per questo appunto provo una grande allegrezza, che la povertà volontaria e reale si pratichi in tutte le nostre case. C’è sotto questa povertà una grazia nascosta, quale non conosciamo; ma, ripigliò quel missionario, procurato del pane agli altri poveri e trascurate i vostri? Prego Dio, gli disse l’ Uomo del Signore, di perdonarvi queste parole. Voglio credere che le abbiate proferite con tanta semplicità, ma sappiate che non saremo giammai così ricchi come quando saremo simili a Gesù Cristo.»
Questi consigli appoggiati ai grandi esempi di chi li suggeriva fecero un’impressione sì grande sul cuore do’ suoi figli che, generalmente parlando, non v’era sulla terra cosa alcuna che gli attirasse. Vincenzo non fu mai grande encomiatore de’suoi, soprattutto quand’erano presenti. Un giorno dopo aver loro detto che un uomo, il quale ha il vero spirito di povertà, nulla teme, tutto può, e va dovunque, non potè fare a meno di render loro giustizia, dicendo: «Che mediante la misericordia di Dio quello spirito si trovava nella congregazione; bisognava perciò pregare Iddio di mantenervelo, e credersi felici di morir poveri s sull’esempio del Salvatore, che cominciò a da una mangiatoia e terminò sulla croce.»
Frutto. Pensiamo adesso a far buon uso delle ricchezze, altrimenti esse saranno altrettante spine che ci addoloreranno in punto di morte. Non saremo mai cosi ricchi come quando saremo simili a Gesù Cristo, il quale per altro aveva nemmeno un palmo di terra ove riporre il suo capo.