IV – Il professore
Per seguire la fondazione e lo sviluppo delle Conferenze di Caritá, ho lasciato da parte il progresso di Federico negli L’intenso apostolato caritativo peró, non distolse il giovane del suo primo dovere, quello dello studio, che pe- saya finanziariamente sulla famiglia.
L’una cosa e l’altra si armonizzarono nella vita di Federico, con ordine e precisione.
Il 12 e 13 aprile 1834, alla testa di un folto gruppo di Confratelli, Ozanam partecipó alla seconda solenne traslazione delle reliquie di S. Vincenzo De Paoli e alle funzioni in suo onore.
Anzi, furono i Confratelli di S. Vincenzo che ebbero l’onore di portare la cassa delle reliquie del loro Santo Patrono, nella processione da Clichy alla casa-madre dei Missionari.
Pochi mesi dopo (ag. 1834) conseguí la Licenza in Diritto e nell’aprile del 1835 quella in Lettere, coronando la sua fatica nell’aprile 1836 con la Laurea in Diritto.
La sua permanenza a Parigi poteva dirsi finita ed il babbo l’attendeva a Lione, per assumere un regolare lavoro come avvocato.
Con grande nostalgia lasció gli amici e nel luglio dello stesso anno 1836, fece ritorno definitivamente a Lione.
La morte dei genitori
Due Tutti sensibilissimi per il suo cuore lo attendevano nello spazio di due anni: la morte del babbo prima e poi quella della mamma.
Giovanni Antonio Francesco Ozanam, il bravo dottore, mancó quasi improvvisamente il 12 magg. 1837, mentre Federico si trovava occasionalmente a Parigi. Rientró di corsa a Lione col cuore spezzato, ma con il grande conforto della Fede.
Il babbo aveva fatto una brutta caduta sulle scale sbrecciate dei poveri che egli visitava e curava gratuitamente, e morí quasi subito.
Alla mamma ed ai tre figli rimase la speranza, anzi la certezza, di saperlo in cielo per il suo esempio di carita eroica, disinteressata e continua, e per la sua vita cristiana confortata da una frequenza ai Sacramenti non comune.
Le necessitá della famiglia, priva del suo capo, aumentarono. Forse fu per questo motivo, piú che per obbedire al desiderio del babbo, che Federico, nel novembre di quell’ anno stesso, si iscrisse al «foro» di Lione e cominció ad esercitare avvocatura.
Difese con forza e sinceritá specialmente le cause dei poveri, che le Conferenze di Caritá locali indirizzavano a lui.
Anzi, in quel periodo, un nuovo campo di lavoro gli fu offerto dall’Opera della Propagazione della Fede di Lione. A lui infatti furono affidati i resoconti per gli Annali dell’Opera, che egli seppe sempre accompagnare con accorati appelli in favore delle missioni lontane.
Tuttavia la dirittura morale e la sensibilitá della sua coscienza fecero comprendere presto a Federico che quella dell’avvocato non era la sua naturale vocazione. La sua inclinazione era per le Lettere e la Storia. Continuó pertanto a studiare per quello scopo ed il 7 gen. 1839 conseguí brillantemente la Laurea in Lettere. L’argomento da lui svolto e discusso fu Dante Alighieri, la sua filosofia, la sua opera poetica, la sua ortodossia, il suo amore per la Chiesa, per la SS. Vergine, per S. Francesco e S. Domenico. La tesi parve a tutti una chiara confutazione dei protestanti, che tentavano di fare di Dante il precursore della loro «Riforma».
Prima che il 1839 terminarse, un nuovo grande dolore colpiva i tre fratelli Ozanam, la morte dell’ adorata mamma, avvenuta il 14 ottobre.
Donna di grande carita, degna emula del marito, era mor- ta anche lei al servizio dei poveri. Il figlio Alfonso, nella biografía di Federico, ricorda che la mamma «istruiva e preparaya» un gruppo di «Veilleuses» di Lione, Dame che andavano a passare gratuitamente la notte al capezzale dei malati.
Come sono belle le parole che Federico trovava in queste circostanze per gli amici e per i fratelli nel dolore!: «Bisogna guardare il cielo —egli scriveva— guando si é colpiti sulla terra…Bisogna, nelle ore di tristezza, guando la vita si fa pesante, ricordare che tutto ció che passa é breve e che, nello spazio di pochi anni, ritroveremo quelli che el vengono a mancare… Questi rapidi giorni di vita terrena devono essere spesi bene e lo saranno soltanto rispondendo fedelmente alla vocazione a cui ciascuno é destinato…Felici le famiglie che hanno la meta dei loro componenti lassii in alto, per far da cordata e tendere la mano a quelli che restano quaggiú! Coraggio dunque! Se Dio ricompensa un bicchiere d’acqua fresca offerta in suo nome, come non ricompenserá una coppa di lacrime versate con rassegnazione, con rispetto, con amore, accettando la sua volonta?».
Nel dicembre del 1839, Federico si lasció ancora indurre dagli amici ad accettare la cattedra di Diritto Commerciale a Lione, di recente istituzione, ma nello stesso tempo partecipó al concorso come aggregato alla Facoltá di Lettere. Evidentemente la morte della mamma, custode del pensiero e desiderio del babbo, glí dava maggior libertá d’azione.
Ebbe il primo posto nell’ aggiudicazione su sette concorrenti, ma proprio in quel periodo di tempo, fi Prof. Claudio Fauriel (1772-1844), esponente del Romanticismo francese, gli offriva una cattedra alla Sorbona, come suo Supplente, nell’insegnamento di Letteratura Comparata.
Federico Ozanam aveva finalmente trovato la sua strada e la piena collocazione nella societá, secondo la sua personale inclinazione. Sará Supplente di Fauriel per tre anni e poi, alla sua morte, gli succederá nella cattedra «pleno jure» (1844).
Rimaneva un solo grande problema per il giovane professore: sacerdozio o matrimonio? Ma di questo argomento parleró nel capitolo che segue.
Conferenze di Carita ed insegnamento
Vecchi e nuovi amici dei poveri si strinsero a Parigi attorno a Federico, come attorno ad una bandiera che aveva acquistato un grande prestigio. A Lione il fratello Carlo, studente di Medicina, prese il posto di Federico nelle Conferenze della cittá.
Nell’Assemblea Generale dei Confratelli del 28 febb. 1842, Federico constatava con gioia il magnifico sviluppo che l’Associazione aveva avuto in Francia e all’estero. In Francia i Confratelli erano 2.000 e le famiglie assistite nella sola Parigi erano 1.500. Le Conferenze erano 82 in 48 cittá di 38 diocesi diverse.
La carita veniva esercitata con la benedizione della Santa Sede e la paterna protezione dei Vescovi.
Ozanam non si esaltava, anzi raccomandava l’umiltá e la discrezione perché, diceva: «Dio ama benedire ció che é piccolo e impercettibile!».
In Italia le prime Conferenze furono fondate a Genova e a Roma nel 1836.
Quando, nel 1844, per motivi che giá conosciamo, Prof. Emanuele Bailly, il vero fondatore delle Conferenze di Caritá, diede le dimissioni da Presidente Generale, i Confratelli di Parigi offrirono all’unanimitá l’incarico a Federico Ozanam, quale membro piú attivo e di maggior spicco nella societá e nel movimento cattolico di quel periodo. Federico rifiutó perché i suoi impegni alla Sorbona erano giá troppo gravosi e la sua salute sempre precaria non lo accompagnava. Conservó tuttavia la Vice-presidenza sino alla morte (1853), e non solo come carica onorifica. Bailly fu sostituito dal giudice Giulio Gossin, fondatore nel 1826 e Presidente della Compagnia di S. Francesco Regis, che si occupava della regolarizzazione dei matrimoni e della legalizzazione dei figli naturali.
L’opera dello studioso
Nel 1841, guando Federico Ozanam fu chiamato a Parigi come supplente di Fauriel nella cattedra di Letteratura Comparata e supplente nello stesso tempo del professore di Retorica al Collegio S. Stanislao, dove era direttore Gratry, aveva soltanto 27 anni, pochi davvero per accingersi alla realizzazione del grande progetto di apologia del Cristianesimo, concepito sin dal 1829.
Nel 1830 infatti, egli aveva composto un saggio, che conteneva come «in nuce» la sua idea: «La verita della Religione Cristiana provata mediante la conformitá di tutte le credenze».
Fin d’allora era suo intento dimostrare la veritá della Religione Cristiana con l’esame storico delle varíe religioni e civiltá.
Piú tardi questo vasto disegno fu ridotto di proporzioni e Ozanam si concentró sullo studio del Medio Evo, ma il lavoro, si sa, rimase largamente incompiuto. «Mi propongo — egli scriveva delineando il suo intento— di scrivere la storia letteraria del Medio Evo dal V secolo al XII, fino a Dante. Ma, nello studio delle lettere, io studio soprattutto l’opera del Cristianesimo».
Tutta l’opera dell’Ozanam acquista cosí un dichiarato valore apologetico.
L’introduzione di questo monumentale lavoro é rappresentata dalle lezioni tenute alla Sorbona e pubblicate postume con titolo: «La Civilisation au V° siécle». L’autore dimostra come all’impero romano, che crolla sotto i colpi delle popolazioni barbariche, succede, come erede di civiltá, la Chiesa, che intraprende l’opera di civilizzazione dei barbari.
A questo secondo tema si riferiscono «Les études germaniques», che comprendono due lavori: «Le Germains avant le Christianisme» (1847) e «La civilisation chrétienne chez les Francs» (1850).
Gli studi invece riferentisi a Dante e al Duecento italiano, dovevano essere come il coronamento del vasto disegno. Essi sono: «Les Poétes franciscains en Italie au XIII siéck», con una scelta dei «Fioretti» di S. Francesco, la cui versione dall’italiano si deve alla penna della signora Ozanam (1852); «Des sources poétiques de la Divine Comédie», e infine «Dante et la philosophie catholique au XIII siécle».
Di particolare valore fu pure un altro lavoro sull’Italia, intitolato: «Des écoles et de l’instruction publique en Italie aux temps barbares» (1850).
Opere minori si possono considerare le biografie di S. Tomaso Becket e di Bacone di Verulamio: «Les deux chanceliers d’ Angleterre» (1835) ed il piccolo gioiello «Un pélérinage au pays du Cid» (1853), frutto di un breve viaggio a Burgos in Spagna.
Ci restano pure una traduzione incompleta in francese della Divina Commedia e «Le livre du malade», che ebbe molte edizioni.
Un’abbondante raccolta di lettere, discorsi, e soprattutto dí articoli pubblicati sui piú noti periodici cattolici del tempo (Le Correspondant, La Revue Européenne, La Tribune Catholique, L’Univers) completano la sua opera di storico e di letterato, sempre permeata da un ardente spirito apologetico ed apostolico.
L’Abate Eugenio Galopin ha raccolto ben 297 titoli delle opere, grandi e piccole, di Federico Ozanam.
Viaggi attraverso l’Europa
L’insegnamento universitario costrinse Ozanam a frequenti viaggi di studio per tutta l’Europa.
Aveva giá visitato l’Italia una prima volta nel 1833 con i genitori ed il fratello sacerdote; nel 1841 visitó il Belgio e la Germania, specialmente le localitá della Valle del Reno, e poi ritornó in Italia con la sposa, spingendosi fino in Sicilia.
Nel 1847 compi una nuova missione ufficiale in Italia per esplorare biblioteche ed archivi. Rivide Firenze, l’Umbria e Roma, dove fu ricevuto in udienza privata dal Papa Pio IX, e poi Montecassino e, nel ritorno, Ravenna e Venezia. Passó quindi in Svizzera.
Una quarta volta verrá in Italia (1853) per motivi di salute, ma inutilmente.
Nel 1851 lo troviamo in Bretagna ed in Inghilterra e, l’anno seguente, in Spagna, nei Paesi Baschi, e nel Meridione della Francia. Di rilievo in questo soggiorno in Guascogna, la sua visita al paese natale di S. Vincenzo De Paoli.
Buon conoscitore delle lingue classiche, tra cui l’ebraico ed il sanscrito, egli poté cosi perfezionarsi nello studio della lingua tedesca, inglese, spagnola e soprattutto italiana, che amó in modo particolare.
Ad un lavoro siffatto e intenso, a cui va aggiunta la preoccupazione dei poveri della Societá di S. Vincenzo, di cui era Vice-presidente, la sua salute giá malferma non resse.
Chiuderá la sua laboriosa giornata a soli 40 anni di eta, guando gli altri professori di Universitá cominciano a dare frutti della esperienza accumulata.
Il suo metodo didattico
Quale fosse fi suo metodo di ricerca, la sua didattica, la dottrina, l’aggancio con gli uditori e con gli allievi, lo apprendiamo dalle testimonianze degli amici.
Di carattere melanconico, timido, e, direi, introverso, come Federico stesso riconosce in diversi passi delle sue lettere, egli cominció fi suo corso nel gennaio del 1841, a 28 anni di eta, e lo proseguí con crescente successo.
La sua preparazione era minuziosa e non contava il numero delle pagine che riempiva con una scrittura piccola da miope. Sulla cattedra pera, diveniva un altro e sulle sue labbra fioriva l’oratoria, talvolta retorica, ma piú spesso spon tanea, per la bellezza degli argomenti trattati e singolarmente sentiti.
L’interesse religioso, apologetico, era la prima causa del suo impegno, che egli paragonava al coraggio dei missionari che si lasciano uccidere per la Fede. L’assunto fondamentale della sua ricerca si puó riassumere in poche parole: «La religione glorificata per mezzo della storia», ma so- leva mettere in guardia contro la mancanza di lealtá nella ricerca e diceva: «Stiamo attenti a non snaturare i fatti, per estorcerne le prove!».
«Io non vengo qui —affermó in altra occasione— per far della teologia. lo non ho l’onore di essere un teologo. Io mi limito alía mia professione di storico e di critico e lo far5 con spirito cristiano, vale a dire, con lealta, manifestando le mie convinzioni, senza nasconderle. Con questo io non intendo perdere la mia liberta di giudizio sugli eventi. Quando si crede all’ origine divina del cristianesimo, si diviene piú esigenti verso coloro che lo servono, perché difficilmente si perdona loro di compromettere una causa tanto amata. Si é piú indulgenti verso coloro che hanno la disgrazia di misconoscerlo, perché si sa che la creatura umana é decaduta e per conseguenza debole e assai meno degna di collera che di pieta».
Gian Giacomo Ampére, figlio del grande matematico, disse di lui: «Preparava le sue lezioni come un Benedettino ele pronunciava come un oratore: una duplice fatica, nella quale
ha logorato la sua costituzione fisica, che fini per cedere!» .
La Profonda convinzione con cui parlava, piú di una volta convertí alcuni dei suoi uditori. Uno di loro gli scrisse: «Prima di ascoltarvi, io non credevo. Ció che non avevano potutofare numerose esortazioni, voi lo avete compiuto in un sol giorno: voi mi avete fatto cristiano».
Si sa per certo che egli, prima di recarsi a tenere le sue lezioni, pregava un ginocchio lo Spirito Santo, e che per tale scopo chiedeva preghiere alla sua fidanzata, ai suoi fratelli ed amici.
Anche il corso parallelo che Ozanam teneva all’Istituto Santo Stanislao, suscitó interesse ed ammirazione. Ernesto Renan, ancora immune dalla crisi di Fede che lo portó in seguito su di un’altra sponda, non poté esimersi dal recordare cosí nelle sue Memorie giovanili, l’insegnamento di Federico Ozanam: «Non esco mai dalla sua lezione senza sentirmi piú forte, piú risoluto per le grandi cose, piú coraggioso e piú disposto ad affrontare serenamente l’avvenire». Ed alla sua buona mamma confessava: «Il corso dell’Ozanam é la costante apologia di quanto vi é di piú bello!».
Nell’Istituto di Santo Stanislao lo ascoltarono anche Mons. Goux, futuro Vescovo di Versailles, e colui che doveva diventare il Card. Lavigérie. L’uno e l’altro consultarono Ozanam per le loro tesi di laurea.
Federico pera non era soltanto il professore, ma l’ amico dei giovani e soprattutto l’apostolo.
Dal 1842 egli si fece promotore della Pasqua dello studente e condusse un buon numero di giovani ad ascoltare Padre de Ravignan a Notre-Dame.
Dopo la Comunione Pasquale, egli invitava i giovani ad accompagnarlo nella visita che soleva fare ai suoi poveri.
La cattedra universitaria diveniva cosí un pulpito di apologia della Fede ed esempio pratico di caritá: «Veritatem facientes in caritate: realizzare la veritá con le opere!».
Che cosa resta di Ozanam letterato?
Non molto sinceramente, sia perché le sue opere non hanno avuto edizioni aggiornate, sia per il loro scarso valore intrinseco, anche se non dobbiamo giudicare con i metodi e criteri di ricerca odierni. Ozanam fu piú un brillante divulgatore che un ricercatore profondo. Era del resto la moda della sua epoca, l’epoca dei Chateaubriand, dei La Mennais, dei Lamartine, dei Lacordaire, l’epoca del talento piú che del- l’erudizione.
Ozanam tuttavia ha avuto due grandi meriti: quello di ayer fatto conoscere in Francia la Divina Commedia di Dan- te, pressoché ignorata sino allora, e quello di aver stigmatizzato nei suoi Etudes Germaniques, il difetto fondamentale del popolo tedesco: l’orgoglio e la divinizzazione della razza.
Se tuttavia, l’opera di Ozanam come professore non ha piú posto nell’attualitá letteraria e resta solo come un documento del pensiero cattolico del secolo XIX, la sua grandezza in campo sociale con le Conferenze di S. Vincenzo non é diminuita; fi tempo l’ha fatta crescere e rifulgere ancor più.