Federico Ozanam (1813-1853) (I)

Francisco Javier Fernández ChentoFederico OzanamLeave a Comment

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Author: Luigi Chierotti · Year of first publication: 1997.
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I.- La fucina di un grande cuore

La famiglia puó essere considerata come la fucina dei cuori degli uomini. In essa si forgiano le virtú e le caratteri­stiche di base, che i vari stadi della vita svilupperanno, sen­za piú mutare gran che.

Nulla puó sostituire le ginocchia di una buona mamma nel formare e preparare un bimbo alía vita. Nulla é piú effi­cace dell’esempio di un buon padre. Il miglior collegio non puó che sviluppare la ricchezza interiore attinta in una fami­glia buona.

Federico Ozanam ebbe una famiglia esemplarmente cri­stiana.

Il ceppo ebraico degli «Ozanam»?

Un’antica e costante tradizione familiare fa risalire l’origine degli Ozanam ad un ceppo ebraico addirittura del secolo primo a.C.. Il babbo di Federico poi, nel 1805, scrive nel suo Libro di famiglia, che un suo antenato, certo Sa muele Hozannam, verso il 607, aveva dato ospitalitá a S. Didiero, perseguitato dalla Regina Brunehaut. Il Santo lo ave va ripagato con il dono della vera Fede e da quel tempo lon tano la pratica religiosa divenne la ricchezza piú grande della famiglia Ozanam, unita ad una certa agiatezza terrena. Alfonso Ozanam, fratello di Federico, precisa ancora questa tradizione familiare, a proposito di un loro antenato ebreo: «Israelita di origine, come lo indica il suo nome, che anticamente si scriveva Hazanna, o meglio Hozannam, secondol’uso ebraico di mettere al plurale i nomi di famiglia, egli ab­bracció il cristianesimo fin dai tempi piú remoti».

Del resto possediamo anche una testimonianza diretta di Federico, che, in una lettera ad un amico israelita conver­titosi al cristianesimo, dichiara di essere pure lui di origine ebraica o almeno di considerarsi tale.

Autori piú recenti tuttavia, respingono questa tradizio­ne familiare e queste affermazioni come pura leggenda. Il co­gnome di Ozanam viene fatto derivare da un antico Ager Osannensis, di cui si scorgerebbe traccia nel nome del villag­gio Ozan-en-Bresse, presso Pont-de-Vaux.

La terra degli Ozanam

Nel secolo XVII troviamo la famiglia Ozanam nel pic­colo villaggio di Boulineux, tra la Bresse e Les Dombes, po­co a Nord di Lione. E una zona costellata di innumerevoli laghetti, a pochi passi da Ars e da Chátillon-les-Dombes, do- ve fu parroco S. Vincenzo De Paoli, proprio in quello stesso secolo, e precisamente dal luglio al dicembre del 1617. In cin­que mesi di permanenza in quel villaggio, preda dell’eresia e della immoralitá, S. Vincenzo aveva fatto mutare volto al- la parrocchia. Chátillon vide nascere l’opera primogenita del cuore del Padre dei Poveri, le Serve dei Poveri, denominate poi nelle grandi cittá Dame della Caritá. La Provvidenza uni­sce cosi, a volte, cuori ed opere similari.

Gli Ozanam furono dunque lionesi, lionesi della Bres­se, discretamente agiati, affezionati alla loro origine ebraica, benché da secoli ferventi cristiani e attaccati soprattutto alla loro terra ed alla Francia.

Un antenato illustre

Tra gli antenati della Famiglia Ozanam spicca un mate­matico celebre del secolo XVII, Giacomo Ozanam. Nato nella Bresse nel 1640, nella sua vita laboriosa di studioso riusci a pubblicare ben venti opere di matematica. Si attribuisce a lui un detto acuto, suggeritogli dalle discordie e dispute teo­logiche del tempo: «Ai dottori della Sorbona spetta disputare, al Papa giudicare, al matematici anclare in Paradiso per la per­pendicolare!».

Le dispute teologiche a cui accenna fi matematico Oza­nam, erano forse quelle suscitate dal Giansenismo nel secolo XVII, specialmente in Francia.

L’elogio funebre di Giacomo Ozanam fu intessuto dal­lo scrittore Bernardo Le Bovier de Fontanelle, nipote del gran­de Corneille.

I genitori di Federico

Il babbo di Federico fu Antonio Francesco Ozanam, nato a Chalamont nella Bresse, presso Bourg, il 9 lug. 1773, e mor­to a Lione il 12 maggio 1837, a 64 anni di eta. La sua vita fu assai varia.

Studió dapprima filosofia, poi si dedicó alla carriera mi­litare, poi al commercio, ed infine, all’etá di trent’anni, in­traprese lo studio della medicina.

Fu pure scrittore di un certo valore scientifico.

Come militare partecipó alla prima campagna napoleo­nica d’Italia (1796-97), distinguendosi in tutte le piú im­portanti battaglie, da Cairo Montenotte a Mondovi, e, do­po l’armistizio di Cherasco (28 apr. 1796), da Lodi al Ta­gliamento.

Il suo valore gli procuró una ferit a alla mano sinistra e la promozione sul campo.

Nel 1799 tuttavia, Giovanni Antonio Ozanam abban­donó la carriera delle armi e si ritiró a Lione. Sposó Maria Nantas (22 apr. 1800), figlia di commercianti, ed entró an­che lui nel commercio.

Non ebbe successo nel mondo degli affari e qualche rovescio di fortuna lo fece rinsavire a tempo. Abbandonó ogni cosa e venne a stabilirsi in Lombardia, a Milano, nella «terra quasi francese del regno napoleonico d’Italia».

In terra lombarda visse di espedienti, dando lezioni private e ripetizioni e ponendosi poi con incredibile volon­tá a studiare medicina.

La sua povertá in quel periodo lo costringeva a per­correre spesso a piedi la strada da Milano a Pavia, per re­carsi all’Universitá di quella cittá assai rinomata.

Nel dicembre del 1810 si laureó «dottore in medicina» con pieni voti e lode e dal quel giorno poté esercitare la sua professione nell’ospedale (Hotel-Dieu) di Milano e poi a Lio­ne sino alla morte.

Maria Nantas, la mamma

Lionese puro sangue, la mamma di Federico era nata il 15 lug. 1782.

Durante la rivoluzione francese i suoi parenti erano fug­giti in Svizzera, stabilendosi nel villaggio di Echallens, pres­so Losanna, tra i laghi di Ginevra e di Neuf-Chátel.

Rileggeremo con commozione le note di viaggio, che Fe­derico scrisse cinquant’ anni dopo, in occasione di una sua vi­sita al villaggio di Echallens con i suoi parenti.

Maria Nantas fu la degna compagna del Dott. Ozanam. Quando si erano sposati, egli aveva 27 anni e Maria soltanto 18, ma la loro intesa fu perfetta. La santa sposa sopravvisse al marito poco piú di due anni. Mori infatti, a 58 anni di eta, il 4 ott. 1839.

Di lei Federico scrisse una frase che sintetizza ogni elo­gio: «Mia madre mi sembrava la piú perfetta espressione della Provvidenza!».

Sembra di sentir vibrare le parole di Santa Teresa del Bambino Gesú, guando scrisse dei suoi genitori: «Io ho avuto un padre ed una madre piú degni del cielo che della terral».

La figliolanza

L’amore dei coniugi Ozanam fu allietato da ben quat­tordici nuove vite. Di esse peró, dieci furono raccolte dal Si­gnore sul loro stesso sbocciare. Sopravvissero quattro, che giova conoscere brevemente.

Elisa, la primogenita, fu come la «maestrina» e seconda mamma di Federico. Una meningite acuta strappó alla f ami­glia questa perla di ragazza nel 1817, guando non aveva an­cora 17 anni!

«Mi hanno detto —scrive Federico nel 1830 ad un amico—, che guando ero bambino, io ero molto buono e doci­le e si attribuisce questo,alla debolezza del mio temperamento, ma io vedo un’altra causa. Avevo una sorella affettuosissima, che mi istruiva unitamente alla mamma, e le sue lezioni erano cosi gentili, cosi ben presentate, cosi appropriate alla mia intel­ligenza infantile, che io vi trovavo un yero piacere. Insomma credo sinceramente che io allora fossi buono e, salvo qualche piccola marachella, non ho proprio gran che da rimproverarmi di quel periodo» .

Dopo Elisa giunse Alfonso, che divenne sacerdote e fu sempre il consigliere amato e rispettato di Federico.

«Io trovo nella mia famiglia —scriveva Federico nel 1835—, moka gioia e consolazione. Mio fratello maggiore é il mio angelo custode e, grazie a Dio, ho fatto molto cammino sotto la sua guida. Da tanto tempo progettavamo di andare in­sieme a fare un pellegrinaggio alla Grande Certosa. L’abbiamo fatto ed abbiamo percorso a piedi 60 leghe di strada attraverso il Delfinato».

Della nascita di Federico discorreró piú a lungo tra po­co. Egli giunse come quinto figlio, mentre la sua famiglia era a Milano.

Dopo la nascita di Federico, altri otto fratellini e sorel­line raggiunsero in cielo i due che lo avevano preceduto ap­pena sbocciati alla vita.

«Quante volte —scriveva Federico nel 1851—, ho vedu­to piangere mio padre e mia madre, perché, su quattordici figli, il cielo ne aveva lasciato solo tre! Ma guante volte questi tre sopravvissuti, nei loro dolori e pericoli, hanno fatto ricorso al fratellini e sorelline aggregati agli angeli! Essi restano evidente­mente della famiglia e si ricordano di noi, ora con buone ispira­zioni, ora con aiuto inatteso! Felici quelle famiglie che hanno cosi meta dei loro componenti lassú, pronti a far la cordata e tendere la mano a quelli che restano qui!».

L’ultima delle creature venute alla luce nella famiglia Ozanam, fu Carlo, il quattordicesimo figlio.

Egli nacque fi 3 dic. 1824. Il babbo aveva 51 anni, la mamma 42 e Federico 11. La morte questa volta risparmió il piccolo fiore. Carlo fu accolto come un yero dono di Dio e divenne subito il cocco di tutti, specialmente guando co­minció a sgambettare, a sorridere, a divertirsi. «Passavo lun­ghe ore —confessa Federico scrivendo ad un amico nel 1835—, con mia madre e col fratellino minore, intento a far anch’io il bambino e dimenticavo il mio compito austero di scrit­tore!»

La nascita di Federico

La nascita di Federico merita un cenno a parte, non per­ché quel giorno si siano avvertiti in casa Ozanam segni fo­rieri della futura grandezza di quel bimbo, ma perché noi ita­liani dobbiamo essere orgogliosi che egli abbia visto la luce nella nostra terra.

Federico nacque dunque a Milano 11 23 apr. 1813, men­tre la stella di Napoleone volgeva rapidamente al tramonto. La casa dove nacque si trovava in via S. Pietro dell’Orto ed era una casa modesta benché decorosa, come conveniva ad un medico dell’ospedale civico. A sinistra del portale a vol- ta, che dalla strada immetteva nell’andito delle scale, fi 23 apr. 1893, venne collocata una lapide-ricordo con poche pa- role: «Antonio Federico Ozanam nacque in questa casa il 23 aprile 1813». Poi, col crescere turbinoso della metropoli lom­barda, casa e lapide scomparvero sotto fi piccone demolito­re. Oggi resta solo piú il ricordo.

Anche la chiesetta, detta Santa Maria dei Servi, dove Federico fu battezzato il 13 magg. 1813, fu in seguito ab­battuta.

Al fonte battesimale furono imposti al bimbo due no- mi, Antonio e Federico, ma il secondo prevalse sempre, sia nell’uso familiare sia in quello sociale.

Ritorno della famiglia a Lione

A Milano Federico passó i primi tre anni e mezzo della sua vita. Nell’ottobre del 1816 infatti, il medico Antonio Oza­nam lasciava definitivamente Milano, cittá passata sotto l’A­quila austriaca.

Con fi cambio dei padroni, per non aver noie, il dottor Ozanam preferí ritornare al paese d’origine. Si stabili a Lio­ne, partecipó subito ad un concorso per l’ospedale cittadino e vinse il posto messo in palio. Egli poté cosí riprendere la sua attivitá professionale e provvedere con decoro alía sua famiglia.

A Lione fi dottor Ozanam divenne l’amico dei poveri, ben coadiuvato dall’attivitá caritativa della moglie. Quest’a­ more per i poveri doveva costargli la vita, come vedremo.

Dal canto suo la Signora Ozanam aveva radunato un gruppo di pie donne, disposte ad andare a passare gratuita­mente la notte al capezzale dei malati che non avessero nes­suno per assisterli. Proprio per questo pietoso ufficio esse ven­nero denominate le «veilleuses».

Il figlio Alfonso Ozanam racconta pure un fatto com­movente, che ci svela ancor piú il cuore dei suoi genitori.

Verso la fine della sua vita —egli dice— la mamma sof­friva di asma e perció fi manto le aveva proibito di salire ol­tre il quarto piano, nelle sue visite di caritá. Simile proibi­zione peró, aveva fatto anche la moglie al marito, perché sof­friva di vertigini e di giramenti di testa. Ma, un bel giorno, uno all’insaputa dell’altro, i due coniugi Ozanam si ritrova­rono al capezzale di un malato povero, in una soffitta, sotto fi tetto di un alto palazzo. Si guardarono sorridendo e si per­donarono a vicenda la marachella fatta in nome della caritá. Il loro buon cuore era piú grande delle loro possibilitá ed aveva sperato di farla franca! …

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